Il vino va bevuto immediatamente. Subito dopo aver terminato il kiddush (dopo l”Amen” di risposta all'ultima berachà da parte dei commensali), bisogna bere il vino, da seduti. Nè chi lo recita nè chi lo ascolta può compiere alcuna interruzione sino a che chi ha recitato il kiddush ha bevuto il vino. [14]
L'interruzione dopo il termine della berachà è una regola inerente le berachot (e non specifica del kiddush), secondo la quale non deve esserci interruzione tra il termine della berachà e il compimento della mitzvà o dell'azione inerente (in questo caso bere il vino). Prima di dire qualcosa o pensare ad altro, si deve come minimo bere un sorso di vino. [15]
Interruzioni. A seconda del tipo di interruzione, può essere necessario ripetere la berachà.
Interruzioni “lievi”. Se, sia per chi recita il kiddush che per chi lo ascolta:
(i) si è atteso più del tempo che sarebbe necessario per dire “Shalom aleicha Rebi” [16], o
(ii) si è parlato di cose inerenti il kiddush o il vino (per esempio “passami il bicchiere” o “dov'è il sale per le challot?)”, o
(iii) si è risposto “Amen” ad una berachà recitata da qualcun'altro e inerente il kiddush, o
(iv) si è gesticolato, o
(v) si è andati in un'altra stanza, ma non si è distolta l'attenzione dalla mitzvà,
anche se a priori non è corretto compiere tali interruzioni, a posteriori si può bere il vino senza ripetere la berachà.
Interruzioni “rilevanti”. Se invece:
(i) si è distolta l'attenzione dalla mitzvà in questione pensando a cose estranee (per esempio andando a calmare un bebè che piange), o
(ii) si è usciti dalla casa, o
(iii) si è parlato di cose non inerenti il kiddush o il vino, o
(iv) si è risposto “Amen” ad una berachà recitata da qualcun'altro e non inerente il kiddush, [17]
si tratta di interruzioni “rilevanti” e pertanto, non solo non è corretto compiere tali interruzioni a priori, ma pur avendo compiuto la mitzvà del kiddush, prima di bere il vino si deve ripetere la berachà (“borè peri ha-gafen”). [18] (S) I sefarditi usano dire “haghefen”.
Ki-melò lugmav. Chi recita il kiddush deve bere una quantità di vino detta “ki-melò lugmav”, equivalente ad una guancia piena (mezza bocca). Tale quantità è individuale e dipende dalla grandezza della bocca dell'individuo.
Si tratta di un requisito inerente il kiddush e non la berachà sul vino in sè e per sè, dato che come abbiamo visto, affinchè la berachà sul vino o su un altro liquido non sia detta in vano, è sufficiente che si beva un sorso. I Maestri z.l. hanno stabilito che affinchè il kiddush sia valido, c'è invece bisogno di bere la quantità di almeno un “ki-melò lugmav”. [19]
Se possibile il “ki-melò lugmav” va bevuto senza interruzione, o perlomeno nel tempo necessario a bere un revi'it di vino [20]. Se ci si mette più tempo, ovvero 2 minuti o al massimo 4 minuti (il tempo necessario per mangiare una fetta di pane: “kede' achilat prass”), si è compiuta comunque la mitzvà. (S) Secondo Rav O. Yosef shlit'a la misura di “kede' achilat prass” può essere estesa, a posteriori, fino a 7,5 minuti.
Se non si è bevuta tale quantità nel tempo stabilito, bisogna bere di nuovo la quantità di “ki-melò lugmav” nel tempo stabilito. Se però si è compiuta un'interruzione “rilevante” (in questo caso si considera rilevante solo “uscire di casa” o “distogliere l'attenzione dalla mitzvà”, ma non “parlare di cose non inerenti il kiddush”) prima di aver bevuto il “ki-melò lugmav”, bisogna ripetere l'intero kiddush. Se però qualcun altro dei commensali [21] ha bevuto il “ki-melò lugmav” nel modo corretto (anche collettivamente, ovvero ognuno beve una parte), non c'è bisogno di ripetere il kiddush. Ciò vale anche se chi recita il kiddush non ha bevuto per niente.
Se non si vuole bere il vino. Se chi vuole recitare il kiddush non vuole o non può bere il vino, anzichè far bere il vino a qualcun altro, è preferibile che reciti il kiddush sulle “challot” o che faccia recitare il kiddush sul vino a chi può o vuole berlo.
Note
[14] Come abbiamo visto precedentemente, anche in caso di interruzione, chi ha sentito tutte le parole del kiddush ha comunque compiuto la mitzvà del kiddush. Vedi prossima nota.
[15] In questo modo si soddisfa il requisito di compiere l'azione o la mitzvà relativa dopo la berachà senza interruzione. Vedremo più avanti che affinchè il kiddush (e non solo la berachà) sia valido si deve bere una quantità di vino più elevata, possibilmente senza interruzione, o, se dilazionata, non può essere bevuta durante un periodo troppo lungo.
[16] Tale è la misura di “toch kede' dibbur”. Tale clausola si applica principalmente a chi recita il kiddush.
[17] Vedremo che la terza e quarta condizione non sono così “rilevanti” nel caso in cui non si sia bevuta la quantità minima di vino necessaria per il kiddush.
[18] Vedremo nel prossimo capitolo che se chi ha recitato il kiddush ha parlato di cose non inerenti il kiddush, ma uno dei commensali ha bevuto il vino senza distogliere l'attenzione dalla mitzvà, quest'ultimo deve bere la quantità necessaria e non c'è bisogno di ripetere alcuna berachà.
[19] La sera del Seder di Pesach, a priori, bisogna bere l'intero bicchiere di vino.
[20] Vedi capitolo 9.1
[21] Anche un bambino al di sotto dei 13 anni è incluso, purchè comprenda, almeno vagamente, il contenuto della berachà.
L'interruzione dopo il termine della berachà è una regola inerente le berachot (e non specifica del kiddush), secondo la quale non deve esserci interruzione tra il termine della berachà e il compimento della mitzvà o dell'azione inerente (in questo caso bere il vino). Prima di dire qualcosa o pensare ad altro, si deve come minimo bere un sorso di vino. [15]
Interruzioni. A seconda del tipo di interruzione, può essere necessario ripetere la berachà.
Interruzioni “lievi”. Se, sia per chi recita il kiddush che per chi lo ascolta:
(i) si è atteso più del tempo che sarebbe necessario per dire “Shalom aleicha Rebi” [16], o
(ii) si è parlato di cose inerenti il kiddush o il vino (per esempio “passami il bicchiere” o “dov'è il sale per le challot?)”, o
(iii) si è risposto “Amen” ad una berachà recitata da qualcun'altro e inerente il kiddush, o
(iv) si è gesticolato, o
(v) si è andati in un'altra stanza, ma non si è distolta l'attenzione dalla mitzvà,
anche se a priori non è corretto compiere tali interruzioni, a posteriori si può bere il vino senza ripetere la berachà.
Interruzioni “rilevanti”. Se invece:
(i) si è distolta l'attenzione dalla mitzvà in questione pensando a cose estranee (per esempio andando a calmare un bebè che piange), o
(ii) si è usciti dalla casa, o
(iii) si è parlato di cose non inerenti il kiddush o il vino, o
(iv) si è risposto “Amen” ad una berachà recitata da qualcun'altro e non inerente il kiddush, [17]
si tratta di interruzioni “rilevanti” e pertanto, non solo non è corretto compiere tali interruzioni a priori, ma pur avendo compiuto la mitzvà del kiddush, prima di bere il vino si deve ripetere la berachà (“borè peri ha-gafen”). [18] (S) I sefarditi usano dire “haghefen”.
Ki-melò lugmav. Chi recita il kiddush deve bere una quantità di vino detta “ki-melò lugmav”, equivalente ad una guancia piena (mezza bocca). Tale quantità è individuale e dipende dalla grandezza della bocca dell'individuo.
Si tratta di un requisito inerente il kiddush e non la berachà sul vino in sè e per sè, dato che come abbiamo visto, affinchè la berachà sul vino o su un altro liquido non sia detta in vano, è sufficiente che si beva un sorso. I Maestri z.l. hanno stabilito che affinchè il kiddush sia valido, c'è invece bisogno di bere la quantità di almeno un “ki-melò lugmav”. [19]
Se possibile il “ki-melò lugmav” va bevuto senza interruzione, o perlomeno nel tempo necessario a bere un revi'it di vino [20]. Se ci si mette più tempo, ovvero 2 minuti o al massimo 4 minuti (il tempo necessario per mangiare una fetta di pane: “kede' achilat prass”), si è compiuta comunque la mitzvà. (S) Secondo Rav O. Yosef shlit'a la misura di “kede' achilat prass” può essere estesa, a posteriori, fino a 7,5 minuti.
Se non si è bevuta tale quantità nel tempo stabilito, bisogna bere di nuovo la quantità di “ki-melò lugmav” nel tempo stabilito. Se però si è compiuta un'interruzione “rilevante” (in questo caso si considera rilevante solo “uscire di casa” o “distogliere l'attenzione dalla mitzvà”, ma non “parlare di cose non inerenti il kiddush”) prima di aver bevuto il “ki-melò lugmav”, bisogna ripetere l'intero kiddush. Se però qualcun altro dei commensali [21] ha bevuto il “ki-melò lugmav” nel modo corretto (anche collettivamente, ovvero ognuno beve una parte), non c'è bisogno di ripetere il kiddush. Ciò vale anche se chi recita il kiddush non ha bevuto per niente.
Se non si vuole bere il vino. Se chi vuole recitare il kiddush non vuole o non può bere il vino, anzichè far bere il vino a qualcun altro, è preferibile che reciti il kiddush sulle “challot” o che faccia recitare il kiddush sul vino a chi può o vuole berlo.
Note
[14] Come abbiamo visto precedentemente, anche in caso di interruzione, chi ha sentito tutte le parole del kiddush ha comunque compiuto la mitzvà del kiddush. Vedi prossima nota.
[15] In questo modo si soddisfa il requisito di compiere l'azione o la mitzvà relativa dopo la berachà senza interruzione. Vedremo più avanti che affinchè il kiddush (e non solo la berachà) sia valido si deve bere una quantità di vino più elevata, possibilmente senza interruzione, o, se dilazionata, non può essere bevuta durante un periodo troppo lungo.
[16] Tale è la misura di “toch kede' dibbur”. Tale clausola si applica principalmente a chi recita il kiddush.
[17] Vedremo che la terza e quarta condizione non sono così “rilevanti” nel caso in cui non si sia bevuta la quantità minima di vino necessaria per il kiddush.
[18] Vedremo nel prossimo capitolo che se chi ha recitato il kiddush ha parlato di cose non inerenti il kiddush, ma uno dei commensali ha bevuto il vino senza distogliere l'attenzione dalla mitzvà, quest'ultimo deve bere la quantità necessaria e non c'è bisogno di ripetere alcuna berachà.
[19] La sera del Seder di Pesach, a priori, bisogna bere l'intero bicchiere di vino.
[20] Vedi capitolo 9.1
[21] Anche un bambino al di sotto dei 13 anni è incluso, purchè comprenda, almeno vagamente, il contenuto della berachà.
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