martedì 15 giugno 2010

9.3 L'ORDINE DEL KIDDUSH

Il kiddush va recitato appena si rientra a casa dalla tefillà di venerdì sera. [6] Nel caso in cui non si abbia appetito è possibile aspettare purchè non sia a spese dell'armonia familiare o di un ospite che abbia fame.

Quanto detto vale anche nel caso in cui si riceve lo Shabbat a partire da plag ha-minchà. [7] Se però si rientra a casa quando manca meno di mezz'ora all'uscita delle stelle (“zet ha-kochavim”) è preferibile aspettare fino all'uscita delle stelle. Una volta giunta l'ora, si dice lo shemà e poi si recita il kiddush. [8] Se qualcuno non è rigoroso nell'osservanza di questo principio non si obietta. [9]

Il tavolo va preparato prima dell'inizio dello Shabbat in modo da trovarlo pronto al rientro dal bet ha-kenesset. [10] Si usa anche che le challot siano sul tavolo già dal momento in cui si recita il kiddush.

Le challot vanno coperte con un telo pulito. C'è chi usa mettere un telo anche sotto le challot, in aggiunta alla tovaglia. C'è chi tiene le challot coperte fino a dopo aver detto l'amotzì (berachà sul pane che si recita dopo il kiddush).[11] Se si recita il kiddush sul vino, [12] va coperto qualsiasi altro pane, biscotti o torte, anche tagliati, che si trovino sul tavolo.

C'è chi usa stare in piedi durante tutta la recitazione del kiddush e sedersi per bere il vino. È importante che famigliari e ospiti, per i quali viene recitato il kiddush, stiano attorno al tavolo. Altri iniziano il kiddush stando in piedi e si siedono subito prima della berachà sul vino. Per chi non ha una tradizione, la seconda alternativa è preferibile. C'è infine chi sta seduto durante l'intero kiddush. (S) L'uso dei sefarditi è di seguire la prima opinione ovvero di stare in piedi durante tutto il kiddush della sera.

Si solleva il bicchiere con due mani, lo si trasferisce alla mano destra (la sinistra per i mancini) e lo si solleva ad almeno un "tefach" (“palmo”, equivalente a un po' più di 10 cm) dal tavolo. Il bicchiere va tenuto nel palmo della mano, con il palmo rivolto verso l'alto e le dita che avvolgono il bicchiere. Se è difficile tenerlo con una mano sola, si può mettere la sinistra sotto la destra (viceversa per i mancini) senza però toccare il bicchiere.

(S) Secondo il Kaf Ha-Chaim il bicchiere va tenuto sempre con il palmo rivolto verso l'alto, ma anzichè nel palmo, il bicchiere va posto sulle dita della mano, le cui punte vanno comunque rivolte verso l'alto. Secondo il Ben Ish Chai e il Kaf Ha-Chaim il bicchiere va sollevato fino all'altezza del petto.

C'è chi precede la lettura del kiddush con le parole “va-iehi erev va-iehi boker” (Bereshit 1:31) dette sottovoce. Il kiddush inizia con le parole “yom ha-shishi: vaichulu ha-shamaim” le cui iniziali costituiscono il nome di D-o (tetragramma). Quando si dice “vaichulu” si guardano i lumi di Shabbat. Il kiddush va letto e non detto a memoria. Quando di dice la berachà sul vino e la berachà del kiddush, si guardi il bicchiere per rimanere concentrati sulla mitzvà che si sta compiendo.

Chi recita il kiddush deve avere in mente di recitarlo anche per i commensali. Chi lo ascolta deve aver in mente di voler compiere la mitzvà ascoltando il kiddush e deve ascoltare attentamente ogni singola parola del kiddush. Nel caso in cui, a posteriori, nè chi recita, nè chi ascolta abbia avuto tale intenzione, si è compiuta comunque la mitzvà purchè i commensali siano attorno al tavolo al momento della recitazione del kiddush. [13]

Generalmente quando qualcuno dice una berachà, chi ascolta dice “Baruch-Hu u-baruch Shemò” (Sia benedetto Egli e il Suo Nome). Chi compie la mitzvà ascoltando il kiddush non deve interrompere la berachà. Se si risponde per sbaglio, si è comunque compiuta la mitzvà a patto che si siano sentite tutte le parole del kiddush.

Alla fine di ogni berachà (sul vino e sul kiddush) i commensali rispondono immediatamente “Amen”. In questo modo si dimostra che:

(a) si accettano e confermano le parole menzionate da chi recita il kiddush e

(b) si afferma che si vuole uscire dall'obbligo del kiddush ascoltandolo.

Nel caso in cui non si abbia risposto, ma si è ascoltato il kiddush con l'intenzione di compiere la mitzvà, si è comunque compiuta la mitzvà dato che si applica il principio “shomea ke-onè” (chi ascolta è come se avesse risposto). Chi recita il kiddush deve fare attenzione a non incominciare la seconda berachà quando i commensali stanno ancora rispondendo “Amen”.

Il luogo in cui si dice il kiddush deve essere pulito, ovvero privo di escrementi, vasini dei bambini o pannolini maleodoranti. Se, senza saperlo, si è recitato il kiddush in queste situazioni, esso va ripetuto. Chi recita e chi ascolta non deve aver bisogno urgente di andare al bagno al momento del kiddush.

Note
[6] Vedremo più avanti che il kiddush va recitato inmediatamente prima del pasto e nel luogo in cui lo si consuma.
[7] Plag ha-minchà cade un ora e un quarto variabile (“zemanit”) prima del tramonto del sole. Si veda il capitolo 6.2 per maggiori dettagli. Si può recitare il kiddush prima dell'uscita delle stelle anche a Yom-Tov ad eccezione della sera del Seder di Pesach, la sera di Shavuot, il secondo giorno di Rosh Ha-Shanà, il secondo giorno di Yom-Tov fuori da Eretz Israel e Yom-Tov che cade subito dopo Shabbat. (S) Secondo il Ben Ish Chai il secondo giorno di Yom-Tov è permesso recitare il kiddush prima dell'uscita delle stelle.
[8] Lo shemà che si è recitato durante la tefillà anticipata di arvit non vale come lettura dello shemà della sera prescritta dalla Torà (“ne parlerai... coricandoti ed alzandoti”) e va pertanto letto alla prima occasione possibile dopo l'uscita delle stelle. Lo shemà della sera è una mitzvà prescritta dalla Torà che viene compiuta quotidianamente e va quindi recitata prima del kiddush. Vale qui il principio “tadir ve-eino radir, tadir kodem” (quando mi trovo di fronte al compimento di due mitzvot, la mitzvà che compio più frequentemente ha la precedenza su quella che compio meno frequentemente).
[9] Ci si riferisce qui alla recitazione del kiddush. Vanno invece comunque recitati i tre brani dello shemà dopo l'uscita delle stelle. Durante il periodo dell'omer, si è invece rigorosi nell'attendere durante la mezz'ora prima dell'uscita delle stelle. Una volta giunta l'ora l'ordine è shemà, omer e kiddush.
[10] Si tratta anche di uno dei preparativi dello Shabbat (vedi capitolo 4).
[11] La copertura della challà è riconducibile al ricordo della rugiada che copriva la manna. Vedi anche la prossima nota.
[12] In alcune circostanze, il kiddush può essere detto sulle challot e non sul vino. Se si dice il kiddush sul vino bisogna coprire pane, torte e biscotti perchè, se fossero scoperti, la berachà di "amotzì" o "mezonot" avrebbe la precedenza su "hagafen".
[13] Se chi recita ha espressamente intenzione di non far compiere la mitzvà agli altri o chi ascolta ha espressa intenzione di non voler compiere la mitzvà ascoltando il kiddush, la mitzvà non è compiuta da chi ascolta. Ciò può avvenire, per esempio, quando qualcuno vuole recitare o ascoltare il kiddush in un momento successivo.

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