Melachà compiuta per un non ebreo. Come abbiamo accennato, il principio di «ochel nefesh» permette di compiere melachot che comportino un beneficio per un ebreo che osserva il Yom-Tov. È anche permesso compiere una melachà per un ebreo che non osservi le mitzvot perchè non ha avuto la fortuna di essere stato educato in un ambiente religioso. Non è invece permesso compiere melachot nemmeno «derabbanan» per i non ebrei (non è quindi permesso cucinare esclusivamente per un proprio dipendente non ebreo come ad esempio una colf) o per gli ebrei che abbiano avuto una vera e propria educazione religiosa, ma che dissacrano pubblicamente lo Shabbat o che intenzionalmente e continuamente non rispettino una specifica mitzvà. [14]
Anche se «de-oraita» si potrebbe applicare il principio di «ribui ha-shiurim» menzionato sopra, secondo il quale sarebbe permesso cucinare per degli ebrei e aumentare l'ammontare di cibo per dei non ebrei, i Maestri z.l. hanno proibito di applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per i non ebrei per evitare che si giunga a cucinare solo per i non ebrei e compiere così una trasgressione «de-oraita». I Maestri z.l. hanno anche proibito di invitare un non ebreo ad un pasto di Yom-Tov, anche se si è gia cucinato, per timore che si possa giungere a cucinare specificatamente per il non ebreo. [15]
Vi sono però alcune eccezioni al decreto rabbinico:
(i) è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per un proprio dipendente (per esempio la propria colf non ebrea) dato che non è considerata alla stregua di un ospite onorabile per il quale ci si sente in obbligo di cucinare ulteriormente;
(ii) se un non ebreo si presenta a casa senza essere stato invitato ed è già stato preparato tutto il cibo, è possibile servirgli del cibo dato che chi ospita non si sente in obbligo di cucinare ulteriormente per la persona non invitata; è permesso anche servirgli tutto il cibo e poi cucinare per se stessi;
(iii) se si è già cucinato, è possibile mandare del cibo alla casa di un non ebreo dato che, in questo caso, non c'è rischio che si giunga a cucinare per il non ebreo; [16]
(iv) nel caso in cui il rifiuto di preparare del cibo per un non ebreo crei animosità tra ebrei e non ebrei, è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim»; [17]
(v) è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per preparare del cibo per il proprio animale domestico, ma non è permesso compiere alcuna melachà specificatamente per l'animale (per esempio tagliuzzare del cibo).
Note
[14] Rachmana lizlan! (il Misericordioso li salvi!).
[15] Si pensi che basta preparare un caffè per il non ebreo (e solo per lui) e compiere così una o più melachot proibite dalla Torà.
[16] Non è però possibile trasportare tale cibo in un dominio pubblico, ma solo in un luogo dove ci sia un eruv. In un dominio publico o in un luogo dove non ci sia un eruv, dev'essere il non ebreo a trasportare tale cibo.
[17] Per esempio, se un non ebreo va a trovare un ebreo, chiede un caffè e si offenderebbe se gli si spiegasse che non si può cucinare per lui, è possibile preparare un caffè per il non ebreo (purchè lo si prepari anche per un ebreo). È anche possibile invitare un parente ebreo che ha rigettato la Torà e i comandamenti e applicare il princio di «ribui ha-shiurim», se rifiutare di invitarlo creasse animosità.
Anche se «de-oraita» si potrebbe applicare il principio di «ribui ha-shiurim» menzionato sopra, secondo il quale sarebbe permesso cucinare per degli ebrei e aumentare l'ammontare di cibo per dei non ebrei, i Maestri z.l. hanno proibito di applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per i non ebrei per evitare che si giunga a cucinare solo per i non ebrei e compiere così una trasgressione «de-oraita». I Maestri z.l. hanno anche proibito di invitare un non ebreo ad un pasto di Yom-Tov, anche se si è gia cucinato, per timore che si possa giungere a cucinare specificatamente per il non ebreo. [15]
Vi sono però alcune eccezioni al decreto rabbinico:
(i) è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per un proprio dipendente (per esempio la propria colf non ebrea) dato che non è considerata alla stregua di un ospite onorabile per il quale ci si sente in obbligo di cucinare ulteriormente;
(ii) se un non ebreo si presenta a casa senza essere stato invitato ed è già stato preparato tutto il cibo, è possibile servirgli del cibo dato che chi ospita non si sente in obbligo di cucinare ulteriormente per la persona non invitata; è permesso anche servirgli tutto il cibo e poi cucinare per se stessi;
(iii) se si è già cucinato, è possibile mandare del cibo alla casa di un non ebreo dato che, in questo caso, non c'è rischio che si giunga a cucinare per il non ebreo; [16]
(iv) nel caso in cui il rifiuto di preparare del cibo per un non ebreo crei animosità tra ebrei e non ebrei, è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim»; [17]
(v) è permesso applicare il principio di «ribui ha-shiurim» per preparare del cibo per il proprio animale domestico, ma non è permesso compiere alcuna melachà specificatamente per l'animale (per esempio tagliuzzare del cibo).
Note
[14] Rachmana lizlan! (il Misericordioso li salvi!).
[15] Si pensi che basta preparare un caffè per il non ebreo (e solo per lui) e compiere così una o più melachot proibite dalla Torà.
[16] Non è però possibile trasportare tale cibo in un dominio pubblico, ma solo in un luogo dove ci sia un eruv. In un dominio publico o in un luogo dove non ci sia un eruv, dev'essere il non ebreo a trasportare tale cibo.
[17] Per esempio, se un non ebreo va a trovare un ebreo, chiede un caffè e si offenderebbe se gli si spiegasse che non si può cucinare per lui, è possibile preparare un caffè per il non ebreo (purchè lo si prepari anche per un ebreo). È anche possibile invitare un parente ebreo che ha rigettato la Torà e i comandamenti e applicare il princio di «ribui ha-shiurim», se rifiutare di invitarlo creasse animosità.
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