Lavare i vestiti. Ezra Ha-Sofer (lo Scriba) ha stabilito che si lavino i vestiti (entro) [3] il giovedì in onore dello Shabbat in modo da essere liberi venerdì per compiere gli altri preparativi per lo Shabbat. [4]
Acquisto del cibo. Nel deserto, il popolo d’Israele preparava la manna per lo Shabbat il venerdì mattina presto subito dopo averla raccolta (Shemot 16, 5). Da qui i nostri Maestri z”l imparano che i preparativi per lo Shabbat vanno fatti venerdì mattina presto subito dopo la tefillà. [5] È meglio acquistare venerdì i cibi che non hanno bisogno di una lunga preparazione (come ad esempio le bibite) in modo che sia evidente che si effettua il tutto in onore dello Shabbat. [6] I cibi che richiedono una preparazione più lunga, come ad esempio carne e pesce, possono essere acquistati il giovedì o anche prima se si teme che non saranno disponibili.
Gli acquisti vanno fatti al meglio delle proprie possibilità economiche. Il reddito di una persona è stabilito a Rosh Ha-Shanà per l’intero anno e pertanto bisogna fare attenzione a non spendere oltre ai propri limiti. Ma per quanto riguarda Shabbat, Yom-tov (e per l’insegnamento della Torà ai propri figli) ci è promesso che ciò che preleviamo dal nostro budget o prendiamo a prestito per compiere la mitzvà di godere dello Shabbat, ci verrà restituito dal Cielo.
È bene mangiare carne, vino e altre prelibatezze a Shabbat e Yom-tov con una certa abbondanza, ma secondo le proprie possibilità. È bene mangiare almeno due portate per pasto e mangiare del pesce in ognuno dei tre pasti di Shabbat e nei due pasti di Yom-tov. Se a qualcuno non piace il pesce, non è necessario mangiarlo, dato che lo Shabbat deve essere piacevole. Chi distribusice i fondi comunitari deve assicurarsi che i poveri abbiano almeno tre pasti. Una famiglia che abbia risorse per due soli pasti, non deve chiedere tzedakà, seguendo il detto «fai del tuo Shabbat un giorno della settimana, piuttosto che aver bisogno dell’aiuto degli altri» (Shabbat 118a).
La challà. Per onorare lo Shabbat e perchè si possa prelevare la challà è invalso l’uso che il giorno prima di Shabbat e Yom-tov la donna prepari due pani (challot) per ogni pasto. Per questo motivo essi prendono il nome di challot, ovvero pani dai quali è stata prelevata una parte. Tale parte veniva offerta ai cohanim quando essi si trovavano in stato di purezza.
La challà va prelevata senza berachà se la farina utilizzata è tra i 1.200 e 1.660 grammi e con la berachà se l’ammontare è di 1.660 grammi o superiore. [7] Non importa se l’impasto viene diviso per cuocere diversi pani che abbiano ognuno un ammontare inferiore alla misura necessaria, nè che alcuni di essi, una volta cotti, verranno utilizzati successivamente. Se parte dell’impasto è invece destinato ad una cottura successiva, la challà viene separata senza berachà anche se l’impasto è di 1.660 grammi o superiore.
L’ammontare viene calcolato anche unendo due impasti fatti con lo stesso tipo di farina che appartengano alla medesima persona a cui non importa se vengono mischiati. [8] I due impasti vanno messi in contatto uno con l’altro in un contenitore (e nel caso in cui l’impasto esca vanno anche coperti con un canovaccio) o appoggiati su un canovaccio che viene piegato per coprirli. Ma se gli impasti servono per preparare cibi diversi (per esempio pane e torte o anche solo torte di diverso tipo) non si possono unire gli impasti per raggiungere l’ammontare necessario.
Si usa prelevare un ammontare di 19.2 centimetri cubici [9] dopo aver detto la berachà: “… asher kiddeshanu be-mitzvotav ve-tzivanu lehafrish challà”. (S) Il minhag dei sefarditi è di dire «lehafrish challà terumà». Dopo aver designato la parte prelevata come challà essa va bruciata. La challà va prelevata dall’impasto, ma nel caso in cui non sia stata prelevata prima, va prelevata anche dopo la cottura. La challà non può essere prelevata a Shabbat o a Yom-tov. [10]
Note
[3] La formulazione originaria di Ezra Ha-Sofer è di lavarli il giovedì, ma visto che secondo molti posekim l’intento è quello di essere liberi il venerdì, al giorno d’oggi i vestiti possono essere lavati anche prima.
Acquisto del cibo. Nel deserto, il popolo d’Israele preparava la manna per lo Shabbat il venerdì mattina presto subito dopo averla raccolta (Shemot 16, 5). Da qui i nostri Maestri z”l imparano che i preparativi per lo Shabbat vanno fatti venerdì mattina presto subito dopo la tefillà. [5] È meglio acquistare venerdì i cibi che non hanno bisogno di una lunga preparazione (come ad esempio le bibite) in modo che sia evidente che si effettua il tutto in onore dello Shabbat. [6] I cibi che richiedono una preparazione più lunga, come ad esempio carne e pesce, possono essere acquistati il giovedì o anche prima se si teme che non saranno disponibili.
Gli acquisti vanno fatti al meglio delle proprie possibilità economiche. Il reddito di una persona è stabilito a Rosh Ha-Shanà per l’intero anno e pertanto bisogna fare attenzione a non spendere oltre ai propri limiti. Ma per quanto riguarda Shabbat, Yom-tov (e per l’insegnamento della Torà ai propri figli) ci è promesso che ciò che preleviamo dal nostro budget o prendiamo a prestito per compiere la mitzvà di godere dello Shabbat, ci verrà restituito dal Cielo.
È bene mangiare carne, vino e altre prelibatezze a Shabbat e Yom-tov con una certa abbondanza, ma secondo le proprie possibilità. È bene mangiare almeno due portate per pasto e mangiare del pesce in ognuno dei tre pasti di Shabbat e nei due pasti di Yom-tov. Se a qualcuno non piace il pesce, non è necessario mangiarlo, dato che lo Shabbat deve essere piacevole. Chi distribusice i fondi comunitari deve assicurarsi che i poveri abbiano almeno tre pasti. Una famiglia che abbia risorse per due soli pasti, non deve chiedere tzedakà, seguendo il detto «fai del tuo Shabbat un giorno della settimana, piuttosto che aver bisogno dell’aiuto degli altri» (Shabbat 118a).
La challà. Per onorare lo Shabbat e perchè si possa prelevare la challà è invalso l’uso che il giorno prima di Shabbat e Yom-tov la donna prepari due pani (challot) per ogni pasto. Per questo motivo essi prendono il nome di challot, ovvero pani dai quali è stata prelevata una parte. Tale parte veniva offerta ai cohanim quando essi si trovavano in stato di purezza.
La challà va prelevata senza berachà se la farina utilizzata è tra i 1.200 e 1.660 grammi e con la berachà se l’ammontare è di 1.660 grammi o superiore. [7] Non importa se l’impasto viene diviso per cuocere diversi pani che abbiano ognuno un ammontare inferiore alla misura necessaria, nè che alcuni di essi, una volta cotti, verranno utilizzati successivamente. Se parte dell’impasto è invece destinato ad una cottura successiva, la challà viene separata senza berachà anche se l’impasto è di 1.660 grammi o superiore.
L’ammontare viene calcolato anche unendo due impasti fatti con lo stesso tipo di farina che appartengano alla medesima persona a cui non importa se vengono mischiati. [8] I due impasti vanno messi in contatto uno con l’altro in un contenitore (e nel caso in cui l’impasto esca vanno anche coperti con un canovaccio) o appoggiati su un canovaccio che viene piegato per coprirli. Ma se gli impasti servono per preparare cibi diversi (per esempio pane e torte o anche solo torte di diverso tipo) non si possono unire gli impasti per raggiungere l’ammontare necessario.
Si usa prelevare un ammontare di 19.2 centimetri cubici [9] dopo aver detto la berachà: “… asher kiddeshanu be-mitzvotav ve-tzivanu lehafrish challà”. (S) Il minhag dei sefarditi è di dire «lehafrish challà terumà». Dopo aver designato la parte prelevata come challà essa va bruciata. La challà va prelevata dall’impasto, ma nel caso in cui non sia stata prelevata prima, va prelevata anche dopo la cottura. La challà non può essere prelevata a Shabbat o a Yom-tov. [10]
Note
[3] La formulazione originaria di Ezra Ha-Sofer è di lavarli il giovedì, ma visto che secondo molti posekim l’intento è quello di essere liberi il venerdì, al giorno d’oggi i vestiti possono essere lavati anche prima.
[4] Se Tishà be-Av cade di giovedì non è necessario attendere di lavare i vestiti il venerdì mattina, ma vanno lavati il giovedì sera dopo la fine di Tishà be-Av. (S) Per Maran Bet Yosef è permesso lavare i vestiti la sera dopo la fine di Tishà be-Av anche se non cade di giovedì.
[5] Se si studia regolarmente dopo la tefillà, i preparativi vanno fatti dopo aver studiato. Nel caso in cui si tema che il cibo non sarà disponibile, è permesso posticipare lo studio.
[6] È bene dire anche a parole che lo si sta facendo in onore dello Shabbat.
[7] Alcuni usano recitare la berachà se la farina utilizzata è almeno 2.250 grammi. Se le quantità sono quelle indicate, la challà va prelevata anche se viene preparato il pane durante i giorni del settimana e anche se non viene mangiato a Shabbat.
[8] Pertanto è escluso il caso in cui un impasto serva per il pane e uno per fare una torta dato che non si vuole che si mescolino.
[9] La misura è ke-zait. Dato che oggigiorno il prelievo della challà è derabbanan, si può utilizzare l’ammontare indicato, seguendo l’opinione più facilitante. Si tratta di un ammontare inferiore al volume di una pallina da ping-pong.
[10] Se il pane è stato preparato in Eretz Israel, non può essere mangiato a Shabbat o Yom-tov. Se è stato preparato fuori da Eretz Israel, è permesso mangiarlo lasciando da parte un pezzo da cui separare la challà dopo Shabbat o Yom-tov.
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