sabato 16 settembre 2006

PREGHIERA, CHAZANUT E CANTORE

A "due passi" da Rosh Ha-Shanà, un utile spunto di riflessione sull'uso e abuso della melodia nella sinagoga, sul significato della tefillà (preghiera) e sul ruolo del chazan (cantore).

Pubblicato su: Jarchon, JewishLife


La vita religiosa è piena di sfide. Nella società laica che ci circonda non solo non è facile osservare le mizvot, ma non è cosa da poco essere religiosi nel vero senso della parola. Per rendersene conto è sufficiente entrare in una sinagoga con la speranza di avere un'esperienza religiosa edificante. In molti casi l'impressione è quella di essere entrati in una sala concerti in cui si tiene un'opera musicale i cui testi sono costituiti da preghiere. E la dice tutta il commento che spesso si sente all'uscita: “che bella funzione!”.

Quella che di primo acchito sembrerebbe essere un'espressione di apprezzamento, ad una più attenta analisi si rivela essere invece il segnale di una vera e propria tragedia che riflette la crisi in cui si trovano migliaia di sinagoghe in tutto il mondo. E più che essere l'individuo ad entrare nella sinagoga, è il mondo laico ad essere entrato nel mondo delle preghiere.

Una cultura che non è dotata degli strumenti adatti per relazionarsi a categorie quali l'essenza interiore, non può far altro che trasformare la vera spiritualità in un qualcosa di esteriore ed un'attività profondamente religiosa non può che diventare uno spettacolo.

La vicenda è resa ancor più tragica dalla parte compiuta dal cantore (chazan). Invece di rendersi conto che il compito della chazanut è quello di combattere la laicizzazione della preghiera, molti cantori si sono uniti tra le fila dei laicizzatori. Invece di prendere atto del fatto che l'uditorio della preghiera è in primo luogo D-o, sembra che ambiscano esclusivamente a soddisfare la platea.

Il compito principale del cantore è invece quello di rompere la barriera dell'indifferenza alla spiritualità, di combattere l'apatia attraverso una preghiera genuina e sentita. Il suo obiettivo è quello di trascinare la comunità, di stimolarne la spiritualità per aiutare ogni individuo ad ottenere anche un solo attimo d'ispirazione Divina. Purtroppo in molti casi il cantore degrada la preghiera trasformandola in un'esecuzione tecnica sofisticata, ma nulla di più. Con il risultato che le parole della preghiera entrano nelle orecchie ma non nei cuori della comunità.

La vera chazanut è l'arte dell'esegesi della preghiera. La melodia che accompagna un'esecuzione sincera dovrebbe dare un nuovo significato alle preghiere le cui parole già conosciamo. La vera abilità del cantore è quella di ridare vita alle millenarie parole della tefillà riempiendole di nuovi significati.

In un gioco di parole il Baal Shem Tov disse che quando a Noè venne comandato di entrare nell'arca (in ebraico “teva”), allo stesso tempo fu esortato ad accedere al significato profondo della parola (in ebraico anch'essa “teva”). Compito dell'uomo è quindi quello di entrare nelle parole della preghiera con tutto il suo essere ed avere. Ed è compito del chazan di guidare la comunità in questo sublime processo.

Ed è qui che la melodia entra in gioco. Rispetto ad una parola pronunciata, la parola resa in musica permette di trascendere i limiti dell'uomo. La melodia è l'antidoto contro la trasformazione delle parole in slogan e permette di raggiungere luoghi preclusi alla mera espressione verbale.

La musica diventa così un'esperienza coinvolgente che trasporta l'individuo verso un aspetto della realtà cui la parola o il pensiero da soli non possono giungere. Ascoltando la chazanut l'individuo dovrebbe essere toccato così profondamente da esserne completamente trasformato. Questo è l'obiettivo della chazanut: un atto di resistenza contro la tendenza delle parole a divenire prive di vita.

Quando un'ebreo si recava al Tempio di Gerusalemme per offrire un sacrificio di espiazione dei propri peccati, il Cohen lo osservava e poteva leggere i suoi pensieri. Se il cohen notava un pentimento imperfetto, questi chiedeva ai Leviti di cantare una melodia per condurre l'individuo ad una completa teshuvà (pentimento e ritorno alla Torà). Questo dovrebbe essere il compito del chazan e questo dovrebbe essere lo spirito che anima noi tutti quando ci rechiamo al Bet Ha-Kenesset (sinagoga).

Con l'augurio che questa sia l'esperienza delle tefillot del nuovo anno.

Tradotto da un articolo di Rav Dr. Nathan Lopes Cardozo

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