mercoledì 18 gennaio 2012

AMA IL TUO PROSSIMO!

Sono diventato osservante in età relativamente avanzata. Avevo quasi trent'anni ed ero già sposato quando ho varcato per la prima volta le porte della yeshivà Or Sameach. Non ricordo l'intero percorso che mi ha portato all'osservanza, ma l'elemento senza dubbio più importante nella nostra decisione è stato il contatto con persone di una raffinatezza e profondità che non avevamo mai incontrato prima.

Gli ultimi vent'anni li ho passati scrivendo le biografie dei leader ebrei moderni. Ciò che accomuna le vite dei diversi personaggi che ho studiato è l'aver messo in pratica il comandamento della Torà secondo il quale “grazie a te il Nome del Cielo verrà amato”.

Negli anni '30 Rav Eliahu Eliezer Dessler, uno dei principali pensatori ebrei del secolo scorso, si manteneva a Londra insegnando ai giovani che frequentavano le scuole pubbliche. Diede istruzioni ad uno dei suoi studenti di dare una moneta ad ogni povero che incontrava per strada. Ad un altro suggerì di salire al secondo piano dell'autobus. Dato che per andare alla lezione doveva scendere dopo solo una fermata era probabile che il bigliettaio non lo raggiungesse in tempo. Il ragazzo, che era chiaramente riconoscibile come un ebreo religioso, dava le monete al passeggero che si trovava al suo fianco dicendo a gran voce: “il bigliettaio non è ancora passato, la prego di pagarlo per me”. La lezione è chiara: non si deve solo santificare il nome di D-o attravero le proprie azioni, ma si deve anche fare il possibile per mettersi in condizione di farlo.

Ogni opportunità era buona per insegnare la Torà. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky, il grande saggio dell'ebraismo americano, si trovava nella sala d'attesa di un medico. Tolse di tasca una palla e si mise a giocare con un ragazzino. Quando gli chiesero se non si trattava forse di un comportamento inappropriato per una persona del suo calibro, egli rispose: “non so se questo ragazzo avrà un'altra opportunità di incontrare un vecchio ebreo con la barba bianca ed è importante che ne abbia un'impressione e un ricordo positivi”. Quando mancò, un gruppo di suore di Monsey scrissero una lettera in cui piangevano la perdita del vecchio rabbino che sorrideva sempre quando le incontrava durante le sue passeggiate.

Per tredici anni il Klausenberger Rebbe ha girato il mondo per raccogliere fondi necessari a costruire l'ospedale Laniado di Netanya. Quando venne a sapere che nell'ospedale veniva distribuito ai pazienti un opuscolo sulle regole di purezza familiare, diede istruzioni di fermare immediatamente tale distribuzione. Spiegò che l'ospedale non era stato creato per fare proseliti, ma per costituire un esempio del modo in cui si cura secondo la Torà. Il contratto dei medici prevede una clausola che impedisce loro di fare sciopero; l'ospedale è dotato di respiratori in abbondanza per non giungere mai a dover decidere chi riceve e chi non riceve un respiratore; gli studenti di medicina, ispirati dal Rebbe, sono disposti a passare giorno e notte al capezzale di pazienti dati per spacciati; e vengono utilizzate siringhe più costose in quanto meno dolorose. Il Rebbe era famoso per essere rigoroso nella shmirat enaim (il controllo di ciò che guardava). Ma dopo la guerra (nella quale perse moglie e undici figli), quando sentì che nei campi di rifugiati bellici alcune ragazze, distrutte dall'esperienza della guerra, avevano aperto un quartiere a luci rosse, andò di persona a prenderle per riportarle sulla retta via.

Ogni persona viene trattata con il più gran rispetto ed empatia. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky e un altro rosh yeshiva entrarono in un taxi in cui vi era della musica a tutto volume. L'altro rosh yeshiva chiese al tassista di spegnere la radio, ma Rav Yaakov gli disse di non farlo. Spiegò che il lavoro del tassista è così monotono che non avevano il diritto di chiedergli di spegnere la radio. E citò un passo talmudico per corroborare la propria opinione.

Rav Shlomo Zalman Auerbach, il grande decisore halachico, non si scaraventava dal sedile dell'autobus se una donna non vestita secondo l'halachà si sedeva a fianco a lui. Per non farla restare male premeva il pulsante della fermata e si alzava come se volesse scendere.

Una famiglia ortodossa si prese carico delle spese per la cura della fertilità per una coppia non religiosa e li mandò in Israele a ricevere la benedizione da alcuni tzaddikim. Tra questi vi era anche Rav Nosson Zvi Finkel, il rosh yeshiva della yeshivat Mir scomparso qualche settimana fa. Quando giunsero a casa sua con un abbigliamento estivo che non si vede di solito a Meah Shearim, la rebbetzin abbracciò la moglie calorosamente e si complimentò con loro dicendo: “siete entrambi ebrei. C'è da essere fieri al giorno d'oggi che due ebrei si sposino tra loro”. La rebbetzin spiegò poi che il marito era un uomo talmente santo che per rispetto era bene coprirsi con uno scialle. E oltre a regalarle lo scialle le regalò anche un gioiello che si coordinava bene con lo scialle.

Rav Nosson Zvi rimase in silenzio quando la coppia entrò. La persona che li accompagnava incominciò a spiegare la situazione, ma il rosh yehiva lo interruppe. “So chi sono queste persone. Penso al loro dolore.” Si girò verso il marito e chiese “hai mai la sensazione che la gente ti stia osservando?”. Il marito annuì. E il rosh yeshiva aggiunse: “anch'io ho la stessa sensazione quando cerco di esprimermi e la gente non mi comprende [dato che soffro di parkinson].” E il rosh yeshiva e la coppia piansero assieme.

Quando Yosef si riunì con i fratelli in Egitto, Yosef e Biniamin piansero l'uno sulla spalla dell'altro. Rashi spiega che piansero per la futura distruzione dei Templi. Cosa c'entra la distruzione del Bet Ha-Mikdash con la riunione dei fratelli? Il complicato processo di riunificazione elaborato da Yosef serviva per rettificare la vendita di Yosef da parte dei fratelli. Il test venne superato, ma solo in parte. Infatti Yehuda si riferì a Biniamin con il termine “ragazzo” anzichè “fratello”. C'era ancora qualcosa che mancava nell'unità tra i fratelli. E tale incompletezza era sufficiente per la distruzione del Tempio attribuita proprio all'odio gratuito. E finchè tale odio gratuito non viene rettificato il Bet Ha-Mikdash non verrà ricostruito.

Lo scorso Shabbat l'ho passato con un gruppo di oltre cento studenti universitarie alle quali veniva presentato per la prima volta l'ebraismo osservante. Le domande si sono protratte fino alle 4 di mattina e hanno incluso temi quali le relazioni, l'omosessualità, le parrucche e, ovviamente, i recenti fatti di Bet Shemesh. Uno Shabbat di questo genere non può certo riparare lo strappo di Bet Shemesh, ma è sicuramente un passo nella giusta direzione.

Non mi sono mai pentito di aver scelto la via dell'osservanza. Non posso nemmeno immaginare la mia vita senza la Torà. Riguardo ai recenti episodi è irrealistico pensare che un'intera società possa raggiungere i livelli dei leader le cui vite ho studiato con passione negli ultimi vent'anni. Ma dovremmo almeno cercare di emularli nel rendere l'incontro con ogni persona al mondo, in particolare con gli ebrei, un'esperienza positiva. Provo invece un profondo dolore e fastidio verso coloro che, oltremodo insularizzati, hanno perso per strada tale messaggio.

Liberamente adattato da un articolo di Rav Jonathan Rosenblum.

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