Il premio Nobel Aumann ha dimostrato con il proprio esempio di vita che l'accesso alla più avanzata comunità internazionale è ottenibile senza tradire la propria cultura ed osservanza. Ma soprattutto che avere il coraggio di essere diversi è fonte di un orgoglio infinito!
Pubblicato su: JewishLife, Jarchon
“Lo studio del popolo ebraico ci pone di fronte ad un vero e proprio miracolo, e oserei persino dire: chi studia il popolo ebraico con la dovuta attenzione non può rimanere scettico.
Tutto ciò che riguarda questo ineguagliabile popolo è miracoloso: la sua storia, la sua origine, la sua caduta e la sua dispersione. La sua caparbietà. Lo sprezzo con cui vengono trattati dalle nazioni, le quali debbono loro tutto e sono a conoscenza del loro glorioso passato e del loro ancor più brillante futuro.
Se si aggiunge il fatto, unico e senza precedenti tra le genti, che essi costituiscono una famiglia la quale, pur senza patria e in miseria, è rimasta isolata dal resto dell’umanità... . E quest’ultimo aspetto, da solo, costituirebbe già un innegabile miracolo, anche senza tener conto che trentaquattro secoli fa il profeta Bil’am avesse proclamato ai confini con Moav: “Sì, dalla cima delle rupi lo vedo e dalle colline lo miro. Ecco un popolo che dimorerà solo e fra i popoli non verrà annoverato” (Numeri 23, 9). (1)
E non possiamo esimerci da queste considerazioni osservando il premio Nobel Professor Robert Aumann, mentre, giunto da Gerusalemme, riceveva a Stoccolma il più prestigioso riconoscimento cui un essere umano possa ambire. Dopo aver celebrato lo Shabbat secondo i precetti della legge ebraica e dopo aver terminato la preghiera serale di arvit ed effettuato l’avdalà come gli ebrei hanno fatto per migliaia di anni, si è recato nella sala dove il Re di Svezia lo stava attendendo per conferirgli l’ambitissimo premio.
Ed ecco un ebreo, fiero di mostrare agli occhi del mondo la sua dedizione all’osservanza dell’ebraismo, come solo pochissimi altri ebrei sono stati in grado di fare prima di lui. Con la lunga barba bianca e kippà in piena evidenza, circondato dalla moglie con i capelli coperti secondo i dettami della legge ebraica, e da figli e nipoti, che con kippot e maniche lunghe, mangiavano cibo kasher al fianco di 1300 ospiti appartenenti alla più esclusiva elite internazionale, ha dato un chiaro segnale che, per ottenere il prestigioso riconoscimento, non è dovuto scendere a compromessi o concessioni nella sua osservanza religiosa. Una giornata all’insegna di un infinito orgoglio ebraico!
Nel corso della storia ebraica moderna, molti ebrei hanno avuto un atteggiamento ambivalente quando hanno dovuto scegliere se i propri figli dovessero essere ebrei “rivelati” oppure no. Da un lato i genitori non hanno voluto che i propri figli contraessero matrimoni misti, ma allo stesso tempo non hanno voluto che il loro ebraismo fosse evidente e li facesse risaltare agli occhi degli altri. E hanno a tutti gli effetti riproposto una versione laica dei marrani, esternamente uguali a tutti gli altri, ma interiormente e privatemente ebrei. Il tormento di questo conflitto è stato spesso lacerante. Ebrei sì, ma dedicati a provare al mondo che gli ebrei non sono diversi dagli altri. E la maggior parte delle comunità ebraiche oggigiorno, che se ne rendano conto o meno, hanno ereditato questo conflitto.
Ma il Professor Aumann, encomiabile e profondamente religioso, ha indicato a noi tutti che esiste un’altra strada, che lungi dal generare conflitti è invece fonte di un orgoglio senza riserve. Come Avraham Avinu, egli ha avuto il merito di dimostrare al mondo intero che un ebreo può avere il coraggio di essere diverso. Il premio Nobel Aumann invece di diventare Spinoza, Freud, Einstein, Rabin o Peres, ha smentito la diffusa convinzione secondo la quale, per un ebreo, l’accesso alla più avanzata comunità internazionale è ottenibile solo al prezzo della propria assimilazione culturale e religiosa.
Se l’ebraismo è la storia di una serie di scoperte rivoluzionarie, allo stesso modo il Professor Aumann ha portato a compimento la promessa data ad Avraham Avinu: “si benediranno in te tutte le famiglie della terra”, e non solo per lo storico contributo scientifico dato all’umanità, ma soprattutto per aver osato essere diverso. Il rifiuto di accettare il mondo così com’è e il conseguente richiamo a trasformarlo è infatti il motore implicito dell’ebraismo.
Esponendo alla comunità internazionale la dedizione religiosa dell’intera famiglia, ha fatto vedere al mondo intero che non solo è possibile, ma è anzi un’enorme benedizione poter trasmettere ai propri figli la più grande eredità, ovvero il dono della tradizione e del senso di proposito, un’eredita’ da godere di tutto cuore. Se Socrate affermava che non vale la pena vivere una vita senza pensare, l’ebraismo ci insegna che una vita senza un impegno esplicito non vale la pena di esser messa alla luce. Negare ai propri figli questa opportunità equivale a negare loro la vita stessa.
Nello spirito di Amleto, il Professor Aumann ha dimostrato che il Regno Ebraico potrà anche essere rinchiuso in un guscio di noce, ma gli ebrei hanno il dovere di considerare se stessi come Re di uno spazio infinito. Viene anche alla mente il grande storico della letteratura (non ebreo) A.L. Rowse, che ha concluso le proprie memorie con questa sorprendente frase: “Se c’è un onore al mondo che vorrei ottenere, sarebbe quello di essere un ebreo onorario” (2).
L’identità non può fondarsi su un’ambiguità. E tale ambiguità ha avuto conseguenze devastanti per tutto il mondo ebraico, Israele inclusa. Atteggiamenti considerati ragionevoli ai tempi dei nostri nonni si sono dimostrati inadeguati e slegati dalla realtà del mondo in cui vivamo oggi. Gli ebrei hanno il dovere di prendere coscienza di questo fatto e di risolvere questa crisi prima che la mentalità autodistruttiva prenda il sopravvento. Il Professor Aumann ha indicato la via.
Tradotto da un articolo di Rav Nathan Lopes Cardozo
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Rav Cardozo è decano della David Cardozo Academy for Jewish Studies and Human Dignity, e tiene conferenze e seminari in più di cinquanta università e istituti ebraici e non nel mondo. Ha partecipato a programmi affiliati all’Orthodox Union negli Stati Uniti e alle università di Harvard e Oxford. Rav Cardozo ha sudiato al Centro di Studi Rabbinici Avanzati di Rav Unterman e alla Yeshiva di Mir, ha ricevuto il titolo Rabbinico presso l’Accademia Talmudica di Gateshead ed ha ottenuto un Dottorato in Filosofia. Rav Cardozo vive a Gerusalemme.
Note
(1) L’autore, cristiano, S.R.L. Gaussen, in Die Verkundnung des Evangelimus unter den Juden, pagg. 376-7, citato da Joseph Bloch in Israel and the Nations, Benjamin Harz, Berlin-Vienna, 1927, pag. 376
(2) A.L. Rowse, Historians I have Known, Duckworth, London, 1995
“Lo studio del popolo ebraico ci pone di fronte ad un vero e proprio miracolo, e oserei persino dire: chi studia il popolo ebraico con la dovuta attenzione non può rimanere scettico.
Tutto ciò che riguarda questo ineguagliabile popolo è miracoloso: la sua storia, la sua origine, la sua caduta e la sua dispersione. La sua caparbietà. Lo sprezzo con cui vengono trattati dalle nazioni, le quali debbono loro tutto e sono a conoscenza del loro glorioso passato e del loro ancor più brillante futuro.
Se si aggiunge il fatto, unico e senza precedenti tra le genti, che essi costituiscono una famiglia la quale, pur senza patria e in miseria, è rimasta isolata dal resto dell’umanità... . E quest’ultimo aspetto, da solo, costituirebbe già un innegabile miracolo, anche senza tener conto che trentaquattro secoli fa il profeta Bil’am avesse proclamato ai confini con Moav: “Sì, dalla cima delle rupi lo vedo e dalle colline lo miro. Ecco un popolo che dimorerà solo e fra i popoli non verrà annoverato” (Numeri 23, 9). (1)
E non possiamo esimerci da queste considerazioni osservando il premio Nobel Professor Robert Aumann, mentre, giunto da Gerusalemme, riceveva a Stoccolma il più prestigioso riconoscimento cui un essere umano possa ambire. Dopo aver celebrato lo Shabbat secondo i precetti della legge ebraica e dopo aver terminato la preghiera serale di arvit ed effettuato l’avdalà come gli ebrei hanno fatto per migliaia di anni, si è recato nella sala dove il Re di Svezia lo stava attendendo per conferirgli l’ambitissimo premio.
Ed ecco un ebreo, fiero di mostrare agli occhi del mondo la sua dedizione all’osservanza dell’ebraismo, come solo pochissimi altri ebrei sono stati in grado di fare prima di lui. Con la lunga barba bianca e kippà in piena evidenza, circondato dalla moglie con i capelli coperti secondo i dettami della legge ebraica, e da figli e nipoti, che con kippot e maniche lunghe, mangiavano cibo kasher al fianco di 1300 ospiti appartenenti alla più esclusiva elite internazionale, ha dato un chiaro segnale che, per ottenere il prestigioso riconoscimento, non è dovuto scendere a compromessi o concessioni nella sua osservanza religiosa. Una giornata all’insegna di un infinito orgoglio ebraico!
Nel corso della storia ebraica moderna, molti ebrei hanno avuto un atteggiamento ambivalente quando hanno dovuto scegliere se i propri figli dovessero essere ebrei “rivelati” oppure no. Da un lato i genitori non hanno voluto che i propri figli contraessero matrimoni misti, ma allo stesso tempo non hanno voluto che il loro ebraismo fosse evidente e li facesse risaltare agli occhi degli altri. E hanno a tutti gli effetti riproposto una versione laica dei marrani, esternamente uguali a tutti gli altri, ma interiormente e privatemente ebrei. Il tormento di questo conflitto è stato spesso lacerante. Ebrei sì, ma dedicati a provare al mondo che gli ebrei non sono diversi dagli altri. E la maggior parte delle comunità ebraiche oggigiorno, che se ne rendano conto o meno, hanno ereditato questo conflitto.
Ma il Professor Aumann, encomiabile e profondamente religioso, ha indicato a noi tutti che esiste un’altra strada, che lungi dal generare conflitti è invece fonte di un orgoglio senza riserve. Come Avraham Avinu, egli ha avuto il merito di dimostrare al mondo intero che un ebreo può avere il coraggio di essere diverso. Il premio Nobel Aumann invece di diventare Spinoza, Freud, Einstein, Rabin o Peres, ha smentito la diffusa convinzione secondo la quale, per un ebreo, l’accesso alla più avanzata comunità internazionale è ottenibile solo al prezzo della propria assimilazione culturale e religiosa.
Se l’ebraismo è la storia di una serie di scoperte rivoluzionarie, allo stesso modo il Professor Aumann ha portato a compimento la promessa data ad Avraham Avinu: “si benediranno in te tutte le famiglie della terra”, e non solo per lo storico contributo scientifico dato all’umanità, ma soprattutto per aver osato essere diverso. Il rifiuto di accettare il mondo così com’è e il conseguente richiamo a trasformarlo è infatti il motore implicito dell’ebraismo.
Esponendo alla comunità internazionale la dedizione religiosa dell’intera famiglia, ha fatto vedere al mondo intero che non solo è possibile, ma è anzi un’enorme benedizione poter trasmettere ai propri figli la più grande eredità, ovvero il dono della tradizione e del senso di proposito, un’eredita’ da godere di tutto cuore. Se Socrate affermava che non vale la pena vivere una vita senza pensare, l’ebraismo ci insegna che una vita senza un impegno esplicito non vale la pena di esser messa alla luce. Negare ai propri figli questa opportunità equivale a negare loro la vita stessa.
Nello spirito di Amleto, il Professor Aumann ha dimostrato che il Regno Ebraico potrà anche essere rinchiuso in un guscio di noce, ma gli ebrei hanno il dovere di considerare se stessi come Re di uno spazio infinito. Viene anche alla mente il grande storico della letteratura (non ebreo) A.L. Rowse, che ha concluso le proprie memorie con questa sorprendente frase: “Se c’è un onore al mondo che vorrei ottenere, sarebbe quello di essere un ebreo onorario” (2).
L’identità non può fondarsi su un’ambiguità. E tale ambiguità ha avuto conseguenze devastanti per tutto il mondo ebraico, Israele inclusa. Atteggiamenti considerati ragionevoli ai tempi dei nostri nonni si sono dimostrati inadeguati e slegati dalla realtà del mondo in cui vivamo oggi. Gli ebrei hanno il dovere di prendere coscienza di questo fatto e di risolvere questa crisi prima che la mentalità autodistruttiva prenda il sopravvento. Il Professor Aumann ha indicato la via.
Tradotto da un articolo di Rav Nathan Lopes Cardozo
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Rav Cardozo è decano della David Cardozo Academy for Jewish Studies and Human Dignity, e tiene conferenze e seminari in più di cinquanta università e istituti ebraici e non nel mondo. Ha partecipato a programmi affiliati all’Orthodox Union negli Stati Uniti e alle università di Harvard e Oxford. Rav Cardozo ha sudiato al Centro di Studi Rabbinici Avanzati di Rav Unterman e alla Yeshiva di Mir, ha ricevuto il titolo Rabbinico presso l’Accademia Talmudica di Gateshead ed ha ottenuto un Dottorato in Filosofia. Rav Cardozo vive a Gerusalemme.
Note
(1) L’autore, cristiano, S.R.L. Gaussen, in Die Verkundnung des Evangelimus unter den Juden, pagg. 376-7, citato da Joseph Bloch in Israel and the Nations, Benjamin Harz, Berlin-Vienna, 1927, pag. 376
(2) A.L. Rowse, Historians I have Known, Duckworth, London, 1995
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