giovedì 16 febbraio 2006

IL RUOLO DI ADAR

Con o senza miracoli? Una rinfrescante prospettiva sul legame tra Purim e Pesach.

Fino a qualche tempo fa, mi ero sempre trovato più a mio agio con le vicende umane raccontate nel Libro di Bereshit piuttosto che con le miracolose narrazioni del Libro di Shemot.

Immagino che per molti, come per me, sia più facile trovare delle affinità con eventi che sono simili alle proprie esperienze di vita. E nonostante il passaggio del Mar Rosso e la rivelazione ai piedi del Monte Sinai siano episodi fondamentali per la nostra coscienza religiosa, è molto difficile apprezzare appieno la descrizione che ne fa la Torà. Per lo stesso motivo non è semplice trarre ispirazione dalle celebrazioni di Pesach, nè comprendere appieno tale festività.

La storia viene spesso suddivisa in epoche. Nella storia ebraica, una delle più importanti demarcazioni temporali è quella che segna la fine del periodo dei miracoli e della profezia e l’inizio del periodo successivo definito appunto attraverso l’assenza del palese intervento Divino. Il primo periodo si può far iniziare con Moshè Rabbenu e terminare con la distruzione del Secondo Tempio. È significativo il fatto che gli avvenimenti di Purim si situino a cavallo tra i due periodi storici appena definiti. E così come gli eventi che commemoriamo a Pesach aprono e definiscono il primo periodo storico, ugualmente gli eventi che ricordiamo a Purim segnano il passo della storia ebraica successiva.

Il Talmud afferma infatti che la Torà venne accettata dal popolo ebraico in due epoche diverse. La prima subito dopo l’uscita dall’Egitto e la seconda ai tempi di Purim. E il Talmud aggiunge che tra le due accettazioni, la seconda è la più importante (Shabat 88b).

Ovviamente i nostri Maestri davano per scontato che senza la prima, la seconda non sarebbe mai avvenuta. Rambàn sviluppa chiaramente questo concetto, affermando che Pesach è solo uno dei tasselli nel mosaico di precetti intesi a destare la nostra attenzione su ciò che è avvenuto durante il processo di Uscita dall’Egitto. Ricordare l’Esodo è certamente fondamentale per definire la nostra identità ebraica; tuttavia sembra che l’accettazione della Torà avvenuta a Purim dipenda dalla memoria degli eventi di Pesach; e allo stesso tempo la commemorazione di Pesach dipende dalla nostra osservanza della festa di Purim.

Non è casuale che Purim cada esattamente trenta giorni prima di Pesach, il periodo stabilito dai Maestri per la preparazione della Festa delle Azzime. Uno dei temi principali di Purim è la comprensione della presenza di D-o in un mondo che è invece privo di un intervento visibile. E attraverso la lettura della Megillat Ester si apprende che D-o dirige gli eventi per raggiungere i Suoi fini, senza l’uso di alcun miracolo apparente. L’ironia della storia di Purim è il fatto che i malvagi non si rendono conto dell’esistenza di questo intervento, proprio per l’assenza di miracoli palesi.

Tuttavia se è possibile essere coscienti dell’intervento Divino anche senza palesi miracoli, è anche possibile non riconoscere D-o trovandosi nel bel mezzo dei più grandi ed evidenti miracoli. Questa chiave di lettura spiega perchè non tutti coloro che videro i miracoli dell’Uscita dall’Egitto divennero devoti servitori del D-o d’Israele e non lo accettarono come l’Unico D-o. Tale tesi viene dimostrata dal fatto che il politeismo del mondo antico non venne influenzato in modo significativo dall’Esodo. Questi avvenimenti vennero infatti spiegati dagli antichi utilizzando le proprie categorie di pensiero, credendo cioè di trovarsi di fronte all’azione di una delle tante divinità capricciose che salivano alla ribalta un giorno, per scomparire quello successivo.

Ed anche ai nostri giorni vi è stato chi ha cercato di dare spiegazioni prettamente scientifiche alle piaghe e all’apertura del Mar Rosso. Ciò a dimostrazione del fatto che se non si hanno a disposizione delle categorie appropriate nelle quali collocare i fenomeni, è inevitabile che non si riesca a coglierne il significato.

Secondo questa prospettiva, i miracoli d’Egitto non avevano il fine di dimostrare l’esistenza di D-o, ma piuttosto di fornire un’esperienza religiosa di fondamentale importanza emotiva per coloro che già credevano in Lui e per tutti coloro che lo avrebbero fatto in futuro.

Più che il mese di Nissan, è il mese di Adar che ci insegna ad apprezzare la presenza di D-o nella vita di ogni giorno, che costituisce l’esperienza religiosa per tutti gli ebrei vissuti nelle epoche successive ai miracoli e alla profezia. È la storia di Purim che ci insegna a cercare e a trovare la presenza di D-o nel quotidiano, in modo da essere pronti a percepire D-o nei miracoli palesi della storia di Pesach. Se i miracoli non fanno già parte della nostra esperienza personale e non siamo quindi in grado di notare la presenza di D-o nelle nostre vite quotidiane, non possiamo riconoscere l’esistenza di D-o nemmeno nel mondo dei miracoli rivelati.

Il ruolo di Adar è quindi quello di risvegliare in noi ogni anno le categorie della nostra fede, in modo da metterci a disposizione gli strumenti che ci permettano di apprezzare appieno l’esperienza della celebrazione di Pesach.

Quanto detto finora può servire a spiegare l’inusuale commento di Rashi alla nota frase della Ghemarà: “dall’inizio di Adar aumentiamo la nostra gioia” (Ta’anit 29a). Rashi spiega che tale frase si riferisce a Purim e a Pesach, il periodo in cui avvennero i miracoli per il popolo ebraico. A prima vista, sembrerebbe che l’inclusione di Pesach sia totalmente gratuita, dato che la frase menzionata non contiene né Pesach né il mese di Nissan. Inoltre, come abbiamo detto sopra, uno dei temi principali della storia di Purim è proprio l’assenza di miracoli evidenti. Ma Rashi forse allude al fatto che Purim e Pesach rappresentano proprio un’esperienza religiosa unitaria.

In altre parole, dal momento in cui terminarono i miracoli e la profezia, non è possibile celebrare un vero Pesach senza aver prima festeggiato Purim.

Adar è quindi diventato un mese profondamente amato dagli ebrei. Ho usato l’espressione “diventato”, perchè non credo sia sempre stato così. Prima degli avvenimenti di Purim, Adar era un mese privo di festività; e come si dice riferendosi a Cheshvan, “un mese senza festività è un mese amaro”. Prima degli eventi di Purim e Chanukkà vi erano diversi mesi senza festività, ma Adar, l’ultimo mese “vuoto” prima di Pesach, era forse il più triste fra tutti. Il capovolgimento totale, per cui da mese più triste è diventato il cardine della nostra identità, è davvero fonte di gran gioia.

Tradotto da un articolo di Rabbi Francis Nataf

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