tag:blogger.com,1999:blog-16956858336370771142024-02-20T23:48:47.755+02:00Mi Keamcha Israel _____________________ בס״דNUOVA SERIE SETTIMANALE: LE HALACHOT DI SHABBAT (E YOM-TOV). Per le decisioni halachiche finali ci si rivolga ad un'autorità rabbinica competente. Occasionalmente: temi di attualità letti alla luce della tradizione ebraica. I nostri articoli sono pubblicati su diverse testate ebraiche italiane.Unknownnoreply@blogger.comBlogger152125tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-37817668344113570732015-02-26T09:20:00.001+02:002015-02-26T09:34:44.718+02:00Raro Filmato del Chofetz Chaim<h4>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="https://www.youtube.com/embed/87XlDRjmPME" width="459"></iframe></h4>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">CONVEGNO DELL'AGUDAT ISRAEL (VIENNA 1923)</span></h4>
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">Partecipanti</span><br />
<span style="font-family: Arial; font-size: x-small;"></span><br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">0:27 Rav Avrohom Tzvi Perlmutter, Av Bet Din, Warsavia<br />0:47 Rav Yisroel Friedman, Chortkover Rebbe<br />0:57 Il Chofetz Chaim, accompagnato dal figlio e il nipote, R. Kaplan<br />1:47 R. Yitzchok Zelig Morgenstern, Admor di Sokolov<br />1:57R Dr Asher Michoel Cohen, Av Bet Din, Basilea<br />2:05 R Yehuda Leib Tzirelson, Av Bet Din, Kishinev<br />2:22 R Elchonon Wasserman<br />2:28 R Asher Mendelson, Agudah, Polonia<br />2:56 R. Dr. Pinchas Kahan, Av Bet Din, Ansbach<br />3:02 R.Tuvia Horowitz, Av Bet Din, Sanok<br />3:16 Moreinu R Yaakov Rosenheim, Pres. Agudah<br />3:55 R. Dr. Leo Jung, The Jewish Center, New York<br />3:16 R. Dr. Meir Hildesheimer, Berlino<br />3:58 R. Spitzer, Agudah, Ungheria<br />4:13 R Chatzkel Sarna, Rosh Yeshivat Chevron<br />4:28 R Moshe Blau, Yerushalayim<br />4:34 R Dr Tuvia Levenstein, Av Bet Din, Zurigo</span>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-61678483549667673412013-06-19T21:23:00.000+03:002013-06-26T21:35:17.866+03:00KASHER, COSTI E FLESSIBILITÀ<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">
In un articolo sull'edizione di giugno di Shalom, pubblicato su Kolot, dal titolo "<a href="http://www.kolot.it/2013/06/18/kasher-il-giusto-profitto/">Mangiare kasher non può essere un lusso</a>", Pierpaolo Pinhas Punturello solleva il problema, per altro condivisibile, del costo elevato del cibo kasher in Italia. <br /><br />
L'autore osserva giustamente che non è corretto prendersela col commerciante “capitalista”. La soluzione consisterebbe invece nel sostituire i prodotti con certificazione kasher venduti nei negozi comunitari con prodotti “permessi” venduti al supermercato.
<span class="fullpost"><br /><br />
Per far ciò l'autore suggerisce, in modo per lo meno ambiguo, la necessità di essere flessibili con l'halachà poggiandosi su “facilitazioni anche internazionali” per abbassare i prezzi. E si chiede se per far tutto ciò sia accettabile incorrere in “rischi di legittimità per la nostra rabbanut d’Italia”.<br /><br />
A supporto della sua tesi l’autore porta l’esempio del bet din di Boston che nel 1974 ha proibito l’acquisto di uva ottenuta attraverso lo sfruttamento di lavoratori messicani per la produzione di vino kasher.<br /><br />
In questo modo il bet din di Boston “ha accolto l’idea che la kashrut di una produzione di vino passasse anche per elementi non tecnicamente legati al vino stesso”. Da qui il salto logico secondo il quale “in un momento così critico per la dignitosa sopravvivenza di molte famiglie ebraiche italiane sarebbe giusto halachicamente ampliare gli orizzonti dell’acquisto kasher.”<br /><br />
Fin qui la sintesi dell’articolo. Ecco le obiezioni.<br /><br />
<strong>L'esempio di Boston non è assolutamente un precedente</strong><br /><br />
Senza dubbio il bet din di Boston ha ampliato gli orizzonti della valutazione di quello che è considerato kasher, includendo anche elementi non strettamente collegati alla kashrut del vino.<br /><br />
Il bet din in questione ha portato però alla luce trasgressioni halachiche ben definite (oppressione del lavoratore) durante il processo di produzione del vino, le quali sono anche delle violazioni della legge statunitense. E non motivazioni economiche della comunità ebraica.<br /><br />
L'aspetto più rilevante è però che il bet din di Boston non ha utilizzato tali aspetti (non strettamente collegati al vino) per permettere il vino, ma per proibirlo! E l'impatto atteso di tale decisione è l'aumento e non la riduzione dei costi di produzione del vino. Non si tratta quindi di un esempio di facilitazione dell'halachà per motivi economico-sociali. Semmai il contrario.<br /><br />
Mi pare quindi estremamente scorretto portare questo esempio a supporto della necessità di operare “facilitazioni extra-halachiche” nell’applicazione dell’halachà.<br /><br />
<strong>L'halachà è già di per sé sensibile alle questioni economiche</strong><br /><br />
Chi è a conoscenza del processo halachico sa benissimo che le considerazioni di tipo economico, specialmente se pesano sulla collettività, sono già parte integrante del processo di decisione dell’halachà.<br /><br />
Un esempio, ma ve ne sono tantissimi altri, è quello della definizione di carne kasher da parte del Remà (la massima autorità halachica nel mondo ashkenazita) in cui vengono rilassati alcuni requisiti rispetto alla carne glatt kosher (ovvero kasher senza "facilitazioni") proprio per permettere il consumo di carne bovina in periodi ben più problematici dal punto di vista economico (il medioevo) di quelli attuali.<br /><br />
Inoltre l'halachà non è solo una questione di perdere o meno la "reputazione" internazionale o di decisione democratica degli iscritti, ma piuttosto di rispetto o meno delle norme della Torà. Chiedere ulteriori “facilitazioni” consiste non nell’applicazione facilitante dell’halachà quanto nell’uscita dall’ambito dell’halachà stessa. E quello che rende ancora più perplessi è il fatto che a proporre tale strada sia qualcuno che precede il proprio nome con la parola rav.<br /><br />
In altre parole trattandosi di un problema halachico (tra l’altro non nuovo), se la domanda è "quali facilitazioni vi possano essere in caso di difficoltà economiche diffuse", essa va posta ad un serio posseq halachà (decisore halachico).<br /><br />
<strong>Non si possono ridurre i costi senza fare compromessi sulla kashrut?</strong><br />
<br />
Al di là di quanto detto, chi scrive si chiede: è sicuro l'autore che l'unica strada da battere sia la classica via italiana (anche questa non nuova) di fare compromessi sull'halachà per risolvere i problemi (nel nostro caso la riduzione dei costi)?<br /><br />
In particolare in un paese come l’Italia che esporta cibo (non kasher, ma anche kasher) in tutto il mondo, non è forse il caso di cercare soluzioni che riducano il costo dei prodotti kasher senza fare compromessi (ulteriori a quelli già previsti) sulla definizione di cosa sia kasher?<br /><br />
All’estero prodotti di ogni genere con certificazione rabbinica sono reperibili a costo relativamente moderato. E dato che la crisi economica non è un problema esclusivamente italiano, credo che gli esempi internazionali un po’ più costruttivi di quello presentato non manchino.<br /><br />
Cordialmente<br /><br />
Michele Cogoi</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-29660483420964630922013-04-18T15:24:00.000+03:002013-04-18T15:31:56.222+03:00Q&A: È VIETATO ANDARE IN BICI DI SHABBAT?<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial;">È proibito andare in bicicletta durante lo Shabbat anche nel caso in cui ci sia un <em>eruv chatzerot</em>. Tale proibizione vale anche per i bambini.<br />
<br />
A meno che non vi sia un uso locale contrario, si può permettere ad un bambino di andare sul triciclo in casa o fuori di casa in un luogo in cui ci sia un valido <i>eruv chatzerot</i>. Purchè tale triciclo non sia elettrico e non abbia le ruote gonfiabili. Ciò vale anche per il monopattino (skateboard) o i pattini (roller-blade).<br />
<span class="fullpost">
<br />
Un paio di raccomandazioni. È preferibile togliere il campanello prima di Shabbat per evitare che il bambino lo suoni. Nel caso in cui vi sia un guasto (per esempio il triciclo abbia perso una ruota) non è permesso ripararlo e il triciclo rotto diventa <i>mukze</i>.<br />
<br />
Tra le varie spiegazioni sul perchè sia proibito andare in bicicletta di Shabbat ne cito due. La prima è che si vuole prevenire che in seguito ad un guasto si ripari la bicicletta. La seconda è che si tratta di un'attività non confacente lo Shabbat.<br />
<br />
<em>Fonte: Shmirat Shabbat Ke-Ilchatà (nuova ed., 16, 18). Vedi anche Rav Ovadia Yosef shlit'a (Chazon Ovadia, Shabbat 4, 43).</em></span></span></div>
Unknownnoreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-60135411472096729622013-04-08T16:05:00.003+03:002013-04-08T22:46:48.023+03:00MITZVOT CON... L'ANTIFURTO<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Tra <em>Pesach</em> e <em>Shavuot </em>vi è l’uso di studiare i <em>Pirke’ Avot</em>. Particolarmente interessante è il commento ai <em>Pirke’ Avot</em> di Rabbenu Yona di Girona. Secondo Rav Shlomo Wolbe z.tz.l. (<em>Ale Shur</em> pag. 29) si tratta di un commento fondamentale e necessario per chi voglia crescere spiritualmente. Vediamone un esempio.<br />
<br />
Nella prima <em>mishnà</em> dei <em>Pirke’ Avot</em>, dopo la spiegazione della catena di trasmissione della Torà, vengono presentati i tre elementi necessari per mantenerla ed applicarla. L’ultimo dei tre è <em>asù seiag la-Torà</em>, il requisito di erigere un argine a protezione della Torà. Come è noto, si tratta dell’aggiunta di norme e precetti da parte dei nostri Maestri z.l. per impedire la trasgressione, anche solo involontaria, dei precetti della Torà.<br />
<br />
Molti sono portati a credere che si tratti di norme senza una funzione in se e per sè, ma accessorie e quindi di secondaria importanza. Ma vedremo, attravero il commento di Rabbenu Yona, che non è così.
<span class="fullpost"><br /><br />
Innanzitutto va detto che non si tratta di un’iniziativa dei nostri Maestri z.l., ma l’applicazione del <em>passuk</em> <em>ushmartem et mishmartì</em> (“salvaguardate la mia legislazione”, <em>Vaikrà</em> 18, 30) con il quale la Torà richiede ai nostri Maestri z.l. di stabilire norme aggiuntive a protezione della Torà. E anche se tale compito è affidato ai Maestri z.l., tali norme aggiuntive sono in ultima analisi richieste dalla Torà stessa (<em>Yevamot</em> 21a).<br />
<br />
Ma perchè è necessario aggiungere delle norme? Un esempio può chiarire. Un giovane ha un desiderio insaziabile per del cibo non <em>kasher</em>. Il padre lo ammonisce: “se entri in un ristorante non <em>kasher</em> ti punirò in modo molto severo”. Ovviamente il padre vuole evitare l’effetto nocivo del cibo non <em>kasher</em> sull’anima del figlio. La madre, che conosce bene la debolezza del figlio, vuole anche evitare che il figlio incorra nella punizione del padre. E chiede al figlio di tenersi a ulteriore distanza dal ristorante non <em>kasher</em> per non venir attirato da insegne e profumi. La norma ulteriore non è una restrizione meccanica, ma è dettata dall’incondizionato amore materno per il proprio figlio.<br />
<br />
Già da quanto detto finora si comprende che non si tratta di norme accessorie e secondarie, ma parte integrante e necessaria per l’osservanza della Torà. (<em>Rashi, Bartenura</em> e <em>Rabbenu Yona</em>).<br />
<br />
Rabbenu Yona spiega che chi osserva le parole dei Maestri z.l. ha più a cuore il timore di D-o di chi osserva solo la <em>mitzvà</em> comandata dalla Torà. Un ribaltamento totale di quanto avevamo inizialmente compreso. Vediamo come.<br />
<br />
Chi osserva la <em>mitzvà</em> della Torà, ma infrange le parole dei Maestri z.l. ha sì a cuore l’osservanza della <em>mitzvà</em>, ma non è per nulla preoccupato di giungere, anche solo involontariamente, a trasgredire la <em>mitzvà</em> stessa.<br />
<br />
A questo riguardo, Re Salomone dice in <em>Kohelet</em> (Ecclesiaste 10, 8) che “chi butta giù un muro, viene morso da un serpente”. Spiega Rashi che il muro a cui si riferisce Re Salomone è proprio il “nostro” argine, ovvero le norme rabbiniche atte a proteggere la Torà. E il morso del serpente non è solo una punizione dal Cielo, ma è il risultato naturale che deriva dal fatto che le pietre di un muro sgretolato sono il luogo in cui vivono i serpenti.<br />
<br />
<span class="fullpost">Pertanto, spiega Rabbenu Yona, le parole dei nostri Maestri z.l. sono la base del timore di D-o. E il timore di D-o è quanto di più importante c’è nelle nostre vite. Dice infatti il <em>passuk</em> “cosa di chiede <em>Hashem</em>, il tuo D-o? Solo di aver timore [in Lui]” (<em>Devarim</em> 10, 12). In altre parole il timore di D-o è l’obiettivo centrale e le <em>mitzvot</em> stabilite dalla Torà sono, per così dire funzionali a tale scopo. E le <em>mitzvot</em> stabilite dai rabbini sono necessarie proprio a dimostrare il timore di D-o.<br />
<br />
Un esempio può chiarire. Si pensi a due figli che hanno ereditato ognuno una collezione di quadri di Picasso. Il primo li espone nel proprio salone. Li ammira ogni giorno e spiega ai propri ospiti ogni minimo dettaglio delle opere. Un vero amante dell’arte. Il secondo fa lo stesso, ma in più installa un sofisticato sistema antifurto e antincendio per asicuarare che vengano conservati. E anche se, ex post, non avviene nessun furto o incendio, chi è che ha più a cuore i quadri di Picasso? Il primo o il secondo? E se il furto o l’incendio invece avviene? La risposta è ovvia.<br />
<br />
Per questo motivo, spiega il Midrash (<em>Shir Ha-Shirim Rabba</em> 1) che quando il <em>passuk</em> dice “il tuo amore è meglio del vino” (<em>Shir Ha-Shirim</em> 1, 2) intende che D-o ha più a cuore le parole dei Maestri z.l. rispetto a quelle della Torà.<br />
<br />
Chi è poco preciso nell’osservanza delle parole dei Maestri z.l. dimostra che, in fin dei conti, non ha a molto a cuore nè le parole della Torà nè il timore di D-o. E dato che manca l’ingrediente fondamentale, tale comportamento non solo conduce ad un’inevitabile trasgressione della Torà, ma ne mette anche a repentaglio la trasmissione alle generazioni successive. E se ce ne fosse bisogno: <em>historia docet</em>.<br />
<br />
Si capisce quindi come nella prima <em>mishnà</em> in cui si spiega la catena di trasmissione della Torà dal monte Sinai alle generazioni successive, sia appropriato menzionare la necessità di porre degli argini alla Torà stessa. Solo così essa può essere osservata e trasmessa, pura e intatta, di generazione in generazione.</span></span></div>
</span><br />Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-71629666254021268932013-03-21T01:44:00.000+02:002013-04-08T13:53:57.398+03:00SHABBAT HA-GADOL<span style="font-family: arial;">Lo <em>Shabbat</em> che precede <em>Pesach</em> prende il nome di <em>Shabbat Ha-Gadol</em>, ovvero il Grande <em>Shabbat</em> (<em>Shulchan Aruch, Orach Chaim</em> 430, 1).
<br />
</span><br />
<span style="font-family: arial;"><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">
Il motivo di questo nome deriva dal fatto che subito prima dell’uscita dall’Egitto, il 10 di <em>Nissan</em>, venne comandato al popolo d’Israele di prendere un agnello o un capretto da offrire come <em>korban Pesach</em> (sacrificio pasquale) la vigilia di <em>Pesach</em> (<em>Shemot</em> 12, 3-13). <br />
<br />
L’uscita dall’Egitto avvenne la sera del 15 di <em>Nissan</em> che era un giovedì (<em>Seder Olam</em>, 5) e quindi il 10 di <em>Nissan</em> era <em>Shabbat</em>.
Dopo aver preso gli agnelli o i capretti, gli ebrei li condussero nelle proprie abitazioni e li legarono al letto. Gli egiziani chiesero cosa stessero facendo e la risposta fu che <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em> aveva comandato di offrirli come sacrificio. Sentendo che intendevano sacrificare il proprio dio, gli egiziani digrignarono i denti, ma non poterono far nulla. E per il fatto che venne loro miracolosamente impedito di reagire, chiamiamo lo <em>Shabbat</em> che precede <em>Pesach, Shabbat Ha-Gadol</em> (<em>Tur</em> 430, 1; <em>Kol-Bo</em> 47; <em>Shibole’ Ha-Leket</em> 205). [1]<span class="fullpost"><br />
</span><br />
<span class="fullpost">Innanzitutto non è chiaro cosa stupì così tanto gli egiziani. In fin dei conti era da oltre due secoli che gli ebrei vivevano in Egitto e si cibavono delle divinità egizie (agnelli e capretti), cosa abominevole per gli egiziani. [2] Perchè scandalizzarsi con due secoli di ritardo?<br />
<br />
Lo <em>Zohar</em> spiega che la risposta degli ebrei fu un po’ più articolata rispetto a quanto detto finora. Essi spiegarono agli egizi che non stavano semplicemente cibandosi di agnelli e capretti come avevano sempre fatto, ma si trattava di un comandamento di <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em> che aveva uno scopo ben preciso: l’agnello era la divinità principale nell’astrologia egiziana; sacrificando agnelli e capretti in questo mondo “inferiore”, veniva uccisa la divinità egizia corrispondente nei mondi “superiori”. Un vero e proprio affronto! (<em>Zohar, Bo</em> 39b; <em>Bach, Tur</em> 430, 1).<br />
<br />
Ma qual è il signicato di tale comandamento, che tra l'altro è il primo comandamento compiuto collettivamente dal popolo d’Israele? Il <em>midrash</em> spiega che la maggior parte del popolo d’Israele in Egitto era idolatra e l’offerta del <em>korban Pesach</em>, il cui processo iniziò con la presa degli agnelli e capretti, costituiva l’abbandono dell’idolatria e la trasformazione della divinità stessa in un sacrificio offerto ad <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em>, santificandone il nome (<em>Kiddush HaShem</em>) agli occhi degli egiziani. Si trattò di un passaggio drastico da idolatri schiavi del Faraone a servitori di <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em>. Un passo necessario per “meritare” l’uscita dall’Egitto (<em>Mechilta</em>, <em>Bo</em> 11; <em>Rashi, Shemot</em> 12, 6).<br />
<br />
Resta ancora da spiegare perchè gli egiziani si rivolsero agli ebrei chiedendo cosa stessero facendo dato che, come abbiamo visto, apparentemente compivano un’attività che avevano compiuto pubblicamente per centinaia d’anni. Inoltre, ogni altro avvenimento miracoloso avvenuto nella storia del nostro popolo viene ricordato e celebrato la data stessa in cui è avvenuto. [3] Perchè in questo caso invece di ricordare tale miracolo il 10 di <em>Nissan</em>, esso viene celebrato lo <em>Shabbat</em> precedente <em>Pesach</em> a prescindere dalla data in cui cade? [4]
<br />
<br />
Secondo <em>Rav Mordechai Yaffe</em> (1530-1612, noto come <em>Baal haLevush</em> o <em>Levush</em>) il motivo per cui il miracolo viene ricordato di <em>Shabbat</em> e non il 10 di <em>Nissan</em> è perchè esso avvenne grazie all’osservanza dello <em>Shabbat</em>. Gli egiziani sapevano che gli ebrei osservavano lo <em>Shabbat</em> (<em>Shemot Rabba</em> 1, 28) [5] ed erano stupiti dal fatto che in questa occasione, in apparente violazione dello <em>Shabbat</em>, si occupassero attivamente degli animali. Fu questo il motivo per il quale chiesero agli ebrei cosa stessero facendo. Cui seguì la risposta e il miracolo che abbiamo visto. E dato che è grazie all’osservanza dello <em>Shabbat</em> che avvenne il miracolo, è opportuno fissare tale data proprio di <em>Shabbat</em> (<em>Levush, Orach Chaim</em> 430, 1).
<br />
<br />
Di miracoli però ne abbiamo visti tanti, in particolare nella generazione dell’uscita dall’Egitto. Perchè ricordare proprio questo miracolo e non un altro? [6] Perchè D-o comandò di prendere gli animali per il <em>korban Pesach</em> proprio di <em>Shabbat</em>? Che collegamento c’è tra lo <em>Shabbat</em> e l’uscita dall’Egitto? E come comprendere che gli ebrei in Egitto erano idolatri, ma osservavano lo <em>Shabbat</em>?<br />
<br />
Si può forse dire che fino a quel punto l’osservanza dello <em>Shabbat</em> fosse solo in “ricordo” della creazione del mondo (<em>Shabbat Bereshit</em>). Gli ebrei avevano infatti coscienza dell'evidente verità che D-o è il Creatore del mondo, ma non avevano coscienza del fatto che fosse coinvolto nella storia e nei destini del mondo e del popolo ebraico in particolare.<br />
<br />
Ritenendo che le forze del mondo fossero indipendenti da D-o, le consideravano divinità così come gli egiziani e gli altri pagani.
Attraverso il miracolo degli agnelli essi videro in modo chiarissimo la “mano di D-o” all’opera e si potè così risvegliare in essi la comprensione che D-o non è solo il Creatore, ma anche il Gestore del mondo. Da quel momento in poi lo <em>Shabbat</em> divenne anche una testimonianza del ruolo di <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em> nella gestione del mondo. [7]<br />
<br />
L’osservanza non puramente meccanica dello <em>Shabbat</em>, ma accompagnata dalla profonda comprensione del ruolo di D-o nelle nostre vite permise al popolo d’Israele di staccarsi dall’idolatria e di divenire servitori di <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em> meritando che la presenza Divina (<em>Shechinà</em>) si posasse si di loro (<em>Or HaChaim, Shemot</em>, 12, 3). [8]<br />
<br />
<em>Pesach</em> è proprio la festività in cui si celebra questa<em> emunà</em> (fede) che accomuna lo <em>Shabbat</em> all’uscita dall’Egitto. Attraverso il miracolo degli agnelli esso divenne un vero <em>Shabbat</em>, “ricordo” dell’uscita dall’Egitto. [9] Si tratta di uno <em>Shabbat</em> superiore allo <em>Shabbat Bereshit</em> e pertanto viene chiamato <em>Shabbat Ha-Gadol</em> (<em>Chidushei Hagahot, Maharl’a</em>). [10]<br />
<br />
Ma se i nostri antenati in Egitto rispettavano lo <em>Shabbat</em>, come è possibile prendere gli agnelli, portarli a casa e legarli al letto senza trasgredire lo <em>Shabbat</em>? Se si prende un animale per strada e lo si porta nella propria casa si rischia di compiere una serie di attività proibite di <em>Shabbat</em>, tra le quali: intrappolare (<em>zedà</em>), acquistare (<em>kinian</em>) e effettuare compravendite (<em>masà u-matan</em>), trasportare in un dominio pubblico (<em>tiltul be-reshut ha-rabim</em>) e introdurre in un dominio privato (<em>oza’a</em>), muovere un oggetto proibito (<em>mukze</em>) e fare un nodo (<em>kosher</em>).
Se si conoscono le regole dello <em>Shabbat</em> è possibile compiere tale attività senza trasgredire nessuna <em>melachà</em> (attività creativa primaria proibita dalla <em>Torà</em>) nè <em>sh’vut</em> (attività proibita dai nostri Maestri con l’autorità impartita dalla <em>Torà</em> stessa). Vediamo per sommi capi come.<br />
<br />
<em>Zedà</em> (intrappolare). Dato che la <em>melachà</em> di <em>zedà</em> consiste principalmente nel limitare la libertà di un animale libero, essa non si applica ad animali che sono già abituati a stare sotto il dominio dell’uomo. Pertanto è permesso condurre animali addomesticati (come ad esempio pecore) nella propria abitazione e intrappolarli (per esempio fissandoli al letto). (<em>Mishnà Berurà</em> 316, 59). Gli animali rimangono però <em>mukze</em> e non è permesso spostarli.
<br />
<br />
<em>Kinian</em> (acquistare). È proibito effettuare un <em>kinian</em> (acquisto, presa di possesso) di <em>Shabbat </em>anche se ciò non comporta un pagamento. È possibile rimediare a questo problema acquistando gli animali prima di <em>Shabbat</em>. Nel nostro caso ciò sarebbe possibile dato che il comandamento era già noto a <em>Rosh Chodesh.</em> E comunque dato che gli ebrei erano pastori non è detto che ci fosse bisogno di acquistarli. In un luogo dove c’è un <em>eruv</em> è permesso prendere da un negoziante non ebreo degli oggetti che servano per lo <em>Shabbat</em> (resta da vedere se i “nostri” agnelli siano considerati necessari per lo <em>Shabbat</em>) senza però menzionare le parole “acquisto” o “vendita”. (<em>Shmirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> nuova ed. 29, 17-18). Inoltre è permesso acquistare (<em>kinian</em>) oggetti che non abbiano un padrone (<em>hefker</em>). (<em>Shmirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> nuova ed. 29, 32).<br />
<br />
<em>Oza’a</em> (trasportare). Per quanto riguarda il trasporto degli animali, un <em>eruv</em> non aiuterebbe, perchè gli animali rimangono comunque <em>mukze</em> e non è permesso spostarli. Anche in assenza di <em>eruv</em> è permesso invece indirizzare gli animali verso la propria abitazione e farli entrare senza prenderli in mano o spingerli. (<em>Shmirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> nuova ed. 20, 41; 27, 20 e 27, 35).<br />
<br />
<em>Kosher</em> (annodare). Secondo <em>Prisha</em> (<em>Orach Chaim</em> 430, 1) fu proprio questa <em>melachà</em> che causò il miracolo menzionato da <em>Rav Mordechai Yaffe</em>. Gli egiziani sapevano infatti che è proibito agli ebrei fare un nodo di <em>Shabbat</em>, ma non sapevano che vi è una differenza tra un nodo permanente (che è proibito compiere di <em>Shabbat</em>) e un nodo non permanente (che in alcune circostanze è permesso compiere di <em>Shabbat</em>). [11] Alternativamente gli animali potevano semplicemente essere agganciati al collare (nel caso l’avessero) con un gancio o un moschettone.<br />
<br />
<em>Mukze</em>. Gli animali sono considerati <em>mukze mechamat gufo</em> perchè non sono utilizzabili di <em>Shabbat </em>e non possono essere spostati con le mani. Ciò vale anche per gli animali domestici (<em>Orach Chaim</em> 308, 39). È possibile invece indirizzarli verso la propria abitazione e farli entrare senza prenderli in mano o spingerli. Vedi anche <em>Pri Megadim</em> – <em>Mishbezot Zaav</em> (430, 1) .
<br />
<br />
Michele Cogoi<br />
__________________<br />
Note<br />
<br />
<span class="fullpost" style="font-size: x-small;">[1] Vedi anche <em>Ghemarà Shabbat</em> (87b). <em>Tosafot</em> (<em>Ve-oto yom</em>) spiega il miracolo in modo diverso: gli ebrei presero il<em> korban pesach</em> il 10 di <em>Nissan</em>. Immediatamente i primogeniti egizi si riunirono e chiesero ad Israele cosa stessero facendo. Gli ebrei spiegarono che con il <em>korban pesach</em> verranno uccisi i primogeniti degli egiziani. Questi si rivolsero al Faraone per chiedere che lasciasse andare il popolo d’Israele, ma non ottennero alcun risultato. Scoppiò una guerra civile e morirono molti primogeniti ed egiziani com’è scritto “<em>HaShem</em> colpì <em>Mizraim</em> con i suoi primogeniti” (<em>Hallel di Pesach, Tehillim</em> 136, 10). Ovvero i primogeniti furono quelli che colpirono e non le vittime (<em>Levush</em>). Così spiegano il <em>passuk</em> <em>Rashi</em> e <em>Mezudat David</em>.</span><br />
<span class="fullpost" style="font-size: x-small;"><br />
[2] E proprio per questo motivo, all’arrivo di <em>Yaakov Avinu</em> in Egitto con i popri figli (210 anni prima dell’uscita dall’Egitto) erano stati invitati a stabilirsi “in periferia” a <em>Goshen</em> (<em>Bereshit </em>46, 31-34; <em>Rashi</em> in loco).<br />
<br />
[3] Il <em>korban Pesach</em> venne macellato solo quattro giorni dopo e consumato (con <em>matzà</em> e <em>maror</em>) il giorno successivo; e durante tutto questo periodo gli egiziani miracolosamente non reagirono all’affronto. Non sarebbe più corretto ricordare come miracolosi tutti i giorni che vanno dal 10 al 14 di <em>Nissan</em>? La riposta è che il vero miracolo avvenne il primo giorno nel quale gli egiziani non reagirono al palese affronto. L’assenza di reazione nei giorni successivi è meno eclatante (<em>Bet Yosef</em> in loco).<br />
<br />
[4] Una risposta è che il 10 di <em>Nissan</em> era un giorno di digiuno per la morte di <em>Miriam</em> (<em>Shulchan Aruch, Orach Chaim</em> 580, 2) e non si volle che diventasse un giorno di gioia (<em>Taz, Shulchan Aruch, Orach Chaim</em> 430, 1). Un’altra risposta è che, nella generazione successiva all’uscita dall’Egitto, il popolo d’Israele attraversò il Giordano che miracolosamente si aprì proprio il 10 di <em>Nissan </em>(<em>Yehoshua</em> 4, 19) e non si volle che tale miracolo offuscasse il precedente. Dato che il miracolo del <em>korban Pesach</em> avvenne di <em>Shabbat</em> e l’attraversamento del Giordano no, si optò quindi per lo <em>Shabbat</em> anzichè il 10 di <em>Nissan</em> per indicare chiaramente quale miracolo si celebra (<em>Bach, Tur, Orach Chaim</em> 430, 1). Resta comunque ancora da capire perchè, per ovviare a questi problemi, non si decise piuttosto di spostare la data della celebrazione ad un giorno successivo come avviene in altri casi.<br />
<br />
[5] Già <em>Avraham Avinu</em> rispettava tutta la <em>Torà</em> incluse le <em>mitzvot derabbanan</em> (comandate dai Maestri). Vedi <em>Yoma</em> (28, b). Per quanto riguarda il rispetto dello <em>Shabbat</em> prima che venisse data la <em>Torà</em> vedi <em>Sanhedrin</em> (56, b).<br />
<br />
[6] Una spiegazione simile a quella del<em> Levush</em> risponde a questa domanda. Gli egiziani volevano combattere contro il popolo d’Israele per vendicare l’affronto subito. Gli ebrei avrebbero vinto, pochi contro molti, sul campo di battaglia. E sarebbe stato un miracolo nascosto (<em>nes nistar</em>). Ma difendere la propria vita sul campo di battaglia avrebbe comportato una violazione, pur legittima, dello <em>Shabbat</em>. L’amore per lo Shabbat era così forte che doleva molto agli ebrei doverlo violare. Per rispettare questo volere <em>HaShem</em> mandò un miracolo evidente (<em>nes mefursam</em>) che impedì agli egizi di combattere (<em>Kelbon Ha-Shekel</em>).<br />
<br />
[7] L’atto di sacrificare gli agnelli e i capretti ha un significato simbolico atto a dimostrare che anche il <em>mazal</em> dell’agnello, che nell’astrologia egiziana rappresentava la divinità principale, doveva sottostare al volere di D-o, come è scritto “gli astri seguono il volere di D-o” (<em>Daniel</em> 4, 32). E gli ebrei dovevano rendere pubblico agli occhi degli egiziani questo principio. (<em>Kelbon Ha-Shekel</em>). E dato che tale <em>mazal</em> è dominante nel mese di <em>Nissan</em>, si voleva dimostrare che il popolo d’Israele non uscì dall’Egitto grazie al volere degli astri, ma per volere di <em>Ha-Kadosh Baruch-Hu</em> (<em>Ramban, Shemot</em> 12, 3).<br />
<br />
[8] Inoltre con il comandamento di prendere gli agnelli <em>Moshè Rabbenu</em> spiegò i “segreti” del <em>korban Pesach</em> come modo per abbandonare <em>l’avodà zarà</em> (idolatria) e divenire servitori di <em>HaShem</em>. Ed è lo <em>Shabbat</em>, giorno in cui siamo dotati di anima supplementare, il giorno ideale per comprendere la <em>Torà.</em> (<em>Drisha</em>). Ed è usuale che il Rav faccia una <em>derashà</em> importante durante questo <em>Shabbat in</em> cui si spiegano le <em>halachot</em> di <em>Pesach</em>.<br />
<br />
[9] Nel testo del <em>kiddush</em> del venerdì sera, oltre a menzionare che lo <em>Shabbat</em> è <em>zikkaron le-maase’ bereshit</em> (“ricordo” della creazione) si menziona che esso è anche <em>techila le-mikrae’ kodesh</em> (prologo delle convocazioni sante, ovvero i <em>moadim</em>) e<em> zecher liziat mizraim</em> (“ricordo” dell’usicita dall’Egitto). Vedi anche nota successiva.<br />
<br />
[10] Perchè proprio il nome <em>Ha-Gadol</em>? Riguardo alla Redenzione Finale è scritto: “D-o è riconosciuto in <em>Yehudà</em>; grande (<em>gadol</em>) è il Suo Nome presso [il popolo] d’<em>Israel</em>” (<em>Tehilim</em> 76, 2). “Sarò reso grande, santo e Mi farò conoscere agli occhi di molte nazioni; sapranno allora che sono <em>HaShem</em>” (<em>Yechezqel</em> 38, 23). (<em>Drisha</em>). Inoltre sia lo <em>Shabbat</em> che <em>Yom Tov</em> sono chiamati <em>Shabbat</em> dato che entrambi sono dotati di <em>kedushà</em>. Ma la <em>kedushà</em> dello <em>Shabbat</em> è superiore a quella di <em>Yom Tov</em>. E pertanto subito prima della prima festività (<em>Yom Tov</em>) è stato fissato uno <em>Shabbat</em> con il nome di <em>gadol</em> (grande) per indicare che esiste uno <em>Shabbat katan</em> (piccolo) con una <em>kedushà</em> inferiore, che è il <em>Yom Tov di Pesach</em> che lo segue (<em>Chochmat Shlomo</em>).<br />
</span></span><br />
<span class="fullpost"><span class="fullpost" style="font-size: x-small;">[11] È proibito anche compiere un nodo semplice che rimanga annodato per oltre 24 ore (<em>Orach Chaim</em> 317, 1). Secondo alcuni tale periodo è di 7 giorni. Ma si segue la prima opionione salvo in caso di mitzvà, come nel nostro caso (<em>Shmirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> nuova ed. 15, 55). È possibile comunque che gli animali venissero slegati prima che fossero passate 24 ore, per esempio per uscire di casa per mangiare o per ogni altra necessità. Vedi anche <em>Elia Zuta, Malbushe’ Yom Tov </em>e <em>Elia Rabba.</em></span></span></div>
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Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-46803072675810632622012-02-09T23:04:00.006+02:002012-02-10T14:45:51.884+02:00SOLDI E TORÀ<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Quando D-o promise ad Avraham Avinu che i suoi discendenti avrebbero ricevuto la terra d'Israele, predisse anche l'esilio e l'uscita dall'Egitto. <br />
<br />
Ma assieme a questi due cardini della nostra religione, nella profezia viene menzionato anche un altro particolare, ovvero che “usciranno [dall'Egitto] con grandi ricchezze” (<em>Bereshit</em> / Genesi 15, 14).<br />
<br />
In questi versetti nei quali viene riassunto il destino e la storia del popolo d'Israele, il riferimento al poco prosaico danaro sembra un dettaglio irrilevante, se non addirittura fuori luogo.<br />
<span class="fullpost"><br />
Quattro secoli più tardi, prima di uscire di gran fretta dall'Egitto, Moshè Rabbenu comandò al popolo d'Israele di “prendere dagli egiziani oggetti d'argento, d'oro e vestiti. [ ] E svuotarono l'Egitto.” (<em>Shemot</em> / Esodo 12; 34-36). La profezia viene dunque rispettata.<br />
<br />
Ma cosa rappresenta questo “prelievo”? Senza dubbio si tratta del rimborso legittimo di 116 anni di schiavitù e sfruttamento non pagati (di cui gli ultimi 86 di dura oppressione). Ed è stato anche un modo molto efficace per attirare gli egiziani a rincorrere il popolo d'Israele per riprendersi indietro i “propri” schiavi e le “proprie” richezze. E finire così con l'annegare nel Mar Rosso, come previsto dalla profezia data ad Avraham Avinu (“e giudicherò il popolo che li opprimerà”).<br />
<br />
Queste spiegazioni non rispondono però alla nostra domanda iniziale: nella profezia di Avraham Avinu, nella quale in poche parole viene encapsulata la sublime storia del popolo d'Israele, perchè menzionare anche il “vil danaro”?<br />
<br />
Come tutti i beni, anche i soldi possono essere utilizzati sia in modo positivo che negativo. Ma a differenza degli altri beni, i soldi hanno un fascino particolare: gli uomini sembrano ossessionati dall'ammassare denaro senza un fine ulteriore al denaro stesso.<br />
<br />
Il midrash dice infatti che “chi ha cento monete d'oro, ne vuole duecento” (<em>Midrash Kohelet Rabbà</em> 1, 34). E Shlomo Ha-Melech (Re Salomone) spiega la ragione di tale comportamento: “chi ama i soldi, non è soddisfatto dai soldi” (<em>Kohelet</em> / Ecclesiaste 5, 9). <br />
<br />
Il midrash, riferendosi al versetto del Kohelet, compara in modo sorprendente i soldi alla Torà e alle mitzvot, anche se nella scala materiale-spirituale essi stanno agli antipodi l'uno dell'altro (Rashi in loco e <em>Vaikrà</em> 22, 1-2). Come si spiega questo paragone?<br />
<br />
Abbiamo visto che i soldi costituiscono un desiderio umano che trascende i limiti del finito. E tale desiderio insoddisfabile era stato sepolto dalla lunga e dura schiavitù egiziana. Prova ne è che durante l'oppressione egiziana, la preghiera del popolo d'Israele era solo quella di interrompere la durezza della schiavitù, ma nulla di più (<em>Shemot</em> / Esodo 2, 23 e Or Ha-Chaim in loco).<br />
<br />
La Torà e i soldi hanno in comune questo aspetto. “Chi ama i soldi, non è soddisfatto dai soldi e chi ama la Torà non è soddisfatto dalla Torà” (<em>Vaikrà Rabbà</em> 22, 1). La parola <em>kesef</em> (argento, denaro) ha la stessa radice della parola <em>kisufim</em> (desiderio, ambizione). Chi studia la Torà vuole studiarne sempre di più. Chi osserva una mitzvà vuole subito compierne un'altra. <br />
<br />
Si può quindi dare una risposta alla nostra domanda iniziale. I soldi erano il mezzo necessario per risvegliare nel popolo ebraico il desiderio per qualcosa che trascendesse le proprie vite. L'obiettivo non erano i soldi stessi, ma era quello di riaccendere la passione necessaria per ricevere la Torà. Una volta ricreato tale desiderio, era possibile utilizzarlo poi nel modo corretto, ovvero per lo studio e la pratica della Torà, culmine del processo di redenzione dall'Egitto.<br />
<br />
Si comprende quindi la funzione della ricchezza nell'uscita dall'Egitto e nella profezia data ad Avraham Avinu: di risvegliare nell'uomo il desiderio e la pulsione verso l'Eterno.<br />
<br />
Il versetto dice “la mia anima desidera (<em>nichsefà</em>) i giardini di D-o” (<em>Tehillim</em> / Salmi 84, 3). Bisogna però fare attenzione perchè la parola <em>nichsefà</em> può anche voler dire “tramutata in soldi”. Se il desiderio per i soldi prende il sopravvento, si perde per strada il “desiderio per i giardini di D-o”. <br />
<br />
Ne deriva che la passione per i soldi che contraddistingue tanti individui, oggi come allora, non è un “male”, ma è anzi un segno di chi ambisce a grandezza. Si tratta però di un utilizzo improprio dato che sarebbe più opportuno indirizzare tale tratto caratteriale verso la sua funzione originaria che è quella della crescita spirituale attraverso lo studio e la pratica della Torà, la nostra vera ed eterna ricchezza.<br />
<br />
Vuoi saperne di più? <a href="http://chiamaestudia.blogspot.com/">Chiama e studia</a></span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-14474183669700109042012-02-05T15:03:00.016+02:002012-02-05T21:39:40.505+02:00CHIAMA E STUDIA<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif; font-size: large;">Vuoi conoscere la tradizione ebraica?</span><br />
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<span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif; font-size: xx-small;">Un'iniziativa di mikeamchaisrael per il mondo ebraico italiano</span></span>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-64374659873851684882012-01-24T22:25:00.006+02:002012-01-24T22:54:58.470+02:00RICONOSCENZA<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Durante le prime due piaghe (<em>dam </em>/ sangue e <em>tzefardea </em>/ rane) è Aron Ha-Kohen e non Moshè Rabbenu a prendere il bastone e a stendere il braccio sul Nilo per dare inizio alla piaga. Non era infatti appropriato che Moshè Rabbenu percuotesse le acque del fiume che l'aveva salvato subito dopo la nascita (vedi Rashi, <i>Shemot</i> 7, 19). <br />
<span class="fullpost"><br />
Lo stesso discorso vale per la terza piaga (<em>kinnim</em> / pidocchi) in cui non era appropriato che Moshè Rabbenu percuotesse la sabbia che aveva coperto il corpo dell'egiziano che aveva ammazzato per salvare un ebreo (vedi Rashi, <i>Shemot</i> 8, 12).<br />
<br />
Da questi episodi si impara che se la Torà mostra gratitudine per un essere inanimato a maggior ragione si deve provare gratitudine e rispetto per un essere umano.<br />
<br />
Il problema è però che mentre il Nilo ha effettivamente salvato Moshè Rabbenu, altrettanto non si può dire per la sabbia. Il fatto non viene per nulla "insabbiato" tanto che lo viene a sapere il Faraone il quale vuole ammazzare Moshè Rabbenu che è costretto a scappare dall'Egitto per salvarsi. La sabbia non è stata quindi di grande aiuto.<br />
<br />
Da qui si impara che si deve essere grati non solo per chi ci fa del bene, ma anche per chi vuole e prova farci del bene, ma non ci riesce.<br />
<br />
<i>Le-yilui nishmat immì moratì Miriam bat Akiva</i></span></div></span>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-36753919407958543362012-01-18T15:02:00.002+02:002012-01-18T15:02:55.559+02:00AMA IL TUO PROSSIMO!<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Sono diventato osservante in età relativamente avanzata. Avevo quasi trent'anni ed ero già sposato quando ho varcato per la prima volta le porte della yeshivà Or Sameach. Non ricordo l'intero percorso che mi ha portato all'osservanza, ma l'elemento senza dubbio più importante nella nostra decisione è stato il contatto con persone di una raffinatezza e profondità che non avevamo mai incontrato prima.<br />
<span class="fullpost"><br />
Gli ultimi vent'anni li ho passati scrivendo le biografie dei leader ebrei moderni. Ciò che accomuna le vite dei diversi personaggi che ho studiato è l'aver messo in pratica il comandamento della Torà secondo il quale “grazie a te il Nome del Cielo verrà amato”. <br />
<br />
Negli anni '30 Rav Eliahu Eliezer Dessler, uno dei principali pensatori ebrei del secolo scorso, si manteneva a Londra insegnando ai giovani che frequentavano le scuole pubbliche. Diede istruzioni ad uno dei suoi studenti di dare una moneta ad ogni povero che incontrava per strada. Ad un altro suggerì di salire al secondo piano dell'autobus. Dato che per andare alla lezione doveva scendere dopo solo una fermata era probabile che il bigliettaio non lo raggiungesse in tempo. Il ragazzo, che era chiaramente riconoscibile come un ebreo religioso, dava le monete al passeggero che si trovava al suo fianco dicendo a gran voce: “il bigliettaio non è ancora passato, la prego di pagarlo per me”. La lezione è chiara: non si deve solo santificare il nome di D-o attravero le proprie azioni, ma si deve anche fare il possibile per mettersi in condizione di farlo.<br />
<br />
Ogni opportunità era buona per insegnare la Torà. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky, il grande saggio dell'ebraismo americano, si trovava nella sala d'attesa di un medico. Tolse di tasca una palla e si mise a giocare con un ragazzino. Quando gli chiesero se non si trattava forse di un comportamento inappropriato per una persona del suo calibro, egli rispose: “non so se questo ragazzo avrà un'altra opportunità di incontrare un vecchio ebreo con la barba bianca ed è importante che ne abbia un'impressione e un ricordo positivi”. Quando mancò, un gruppo di suore di Monsey scrissero una lettera in cui piangevano la perdita del vecchio rabbino che sorrideva sempre quando le incontrava durante le sue passeggiate.<br />
<br />
Per tredici anni il Klausenberger Rebbe ha girato il mondo per raccogliere fondi necessari a costruire l'ospedale Laniado di Netanya. Quando venne a sapere che nell'ospedale veniva distribuito ai pazienti un opuscolo sulle regole di purezza familiare, diede istruzioni di fermare immediatamente tale distribuzione. Spiegò che l'ospedale non era stato creato per fare proseliti, ma per costituire un esempio del modo in cui si cura secondo la Torà. Il contratto dei medici prevede una clausola che impedisce loro di fare sciopero; l'ospedale è dotato di respiratori in abbondanza per non giungere mai a dover decidere chi riceve e chi non riceve un respiratore; gli studenti di medicina, ispirati dal Rebbe, sono disposti a passare giorno e notte al capezzale di pazienti dati per spacciati; e vengono utilizzate siringhe più costose in quanto meno dolorose. Il Rebbe era famoso per essere rigoroso nella <em>shmirat enaim</em> (il controllo di ciò che guardava). Ma dopo la guerra (nella quale perse moglie e undici figli), quando sentì che nei campi di rifugiati bellici alcune ragazze, distrutte dall'esperienza della guerra, avevano aperto un quartiere a luci rosse, andò di persona a prenderle per riportarle sulla retta via.<br />
<br />
Ogni persona viene trattata con il più gran rispetto ed empatia. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky e un altro rosh yeshiva entrarono in un taxi in cui vi era della musica a tutto volume. L'altro rosh yeshiva chiese al tassista di spegnere la radio, ma Rav Yaakov gli disse di non farlo. Spiegò che il lavoro del tassista è così monotono che non avevano il diritto di chiedergli di spegnere la radio. E citò un passo talmudico per corroborare la propria opinione.<br />
<br />
Rav Shlomo Zalman Auerbach, il grande decisore halachico, non si scaraventava dal sedile dell'autobus se una donna non vestita secondo l'halachà si sedeva a fianco a lui. Per non farla restare male premeva il pulsante della fermata e si alzava come se volesse scendere.<br />
<br />
Una famiglia ortodossa si prese carico delle spese per la cura della fertilità per una coppia non religiosa e li mandò in Israele a ricevere la benedizione da alcuni tzaddikim. Tra questi vi era anche Rav Nosson Zvi Finkel, il rosh yeshiva della yeshivat Mir scomparso qualche settimana fa. Quando giunsero a casa sua con un abbigliamento estivo che non si vede di solito a Meah Shearim, la <i>rebbetzin</i> abbracciò la moglie calorosamente e si complimentò con loro dicendo: “siete entrambi ebrei. C'è da essere fieri al giorno d'oggi che due ebrei si sposino tra loro”. La <i>rebbetzin</i> spiegò poi che il marito era un uomo talmente santo che per rispetto era bene coprirsi con uno scialle. E oltre a regalarle lo scialle le regalò anche un gioiello che si coordinava bene con lo scialle.<br />
<br />
Rav Nosson Zvi rimase in silenzio quando la coppia entrò. La persona che li accompagnava incominciò a spiegare la situazione, ma il rosh yehiva lo interruppe. “So chi sono queste persone. Penso al loro dolore.” Si girò verso il marito e chiese “hai mai la sensazione che la gente ti stia osservando?”. Il marito annuì. E il rosh yeshiva aggiunse: “anch'io ho la stessa sensazione quando cerco di esprimermi e la gente non mi comprende [dato che soffro di parkinson].” E il rosh yeshiva e la coppia piansero assieme.<br />
<br />
Quando Yosef si riunì con i fratelli in Egitto, Yosef e Biniamin piansero l'uno sulla spalla dell'altro. Rashi spiega che piansero per la futura distruzione dei Templi. Cosa c'entra la distruzione del Bet Ha-Mikdash con la riunione dei fratelli? Il complicato processo di riunificazione elaborato da Yosef serviva per rettificare la vendita di Yosef da parte dei fratelli. Il test venne superato, ma solo in parte. Infatti Yehuda si riferì a Biniamin con il termine “ragazzo” anzichè “fratello”. C'era ancora qualcosa che mancava nell'unità tra i fratelli. E tale incompletezza era sufficiente per la distruzione del Tempio attribuita proprio all'odio gratuito. E finchè tale odio gratuito non viene rettificato il Bet Ha-Mikdash non verrà ricostruito.<br />
<br />
Lo scorso Shabbat l'ho passato con un gruppo di oltre cento studenti universitarie alle quali veniva presentato per la prima volta l'ebraismo osservante. Le domande si sono protratte fino alle 4 di mattina e hanno incluso temi quali le relazioni, l'omosessualità, le parrucche e, ovviamente, i recenti fatti di Bet Shemesh. Uno Shabbat di questo genere non può certo riparare lo strappo di Bet Shemesh, ma è sicuramente un passo nella giusta direzione.<br />
<br />
Non mi sono mai pentito di aver scelto la via dell'osservanza. Non posso nemmeno immaginare la mia vita senza la Torà. Riguardo ai recenti episodi è irrealistico pensare che un'intera società possa raggiungere i livelli dei leader le cui vite ho studiato con passione negli ultimi vent'anni. Ma dovremmo almeno cercare di emularli nel rendere l'incontro con ogni persona al mondo, in particolare con gli ebrei, un'esperienza positiva. Provo invece un profondo dolore e fastidio verso coloro che, oltremodo insularizzati, hanno perso per strada tale messaggio.<br />
<br />
<em>Liberamente adattato da un articolo di Rav Jonathan Rosenblum.</em></span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-14381096155555790102012-01-11T22:29:00.009+02:002012-01-15T09:12:11.364+02:00AMA IL TUO PROSSIMO!<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Sono diventato osservante in età relativamente avanzata. Avevo quasi trent'anni ed ero già sposato quando ho varcato per la prima volta le porte della yeshivà Or Sameach. Non ricordo l'intero percorso che mi ha portato all'osservanza, ma l'elemento senza dubbio più importante nella nostra decisione è stato il contatto con persone di una raffinatezza e profondità che non avevamo mai incontrato prima.<br />
<span class="fullpost"><br />
Gli ultimi vent'anni li ho passati scrivendo le biografie dei leader ebrei moderni. Ciò che accomuna le vite dei diversi personaggi che ho studiato è l'aver messo in pratica il comandamento della Torà secondo il quale “grazie a te il Nome del Cielo verrà amato”. <br />
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Negli anni '30 Rav Eliahu Eliezer Dessler, uno dei principali pensatori ebrei del secolo scorso, si manteneva a Londra insegnando ai giovani che frequentavano le scuole pubbliche. Diede istruzioni ad uno dei suoi studenti di dare una moneta ad ogni povero che incontrava per strada. Ad un altro suggerì di salire al secondo piano dell'autobus. Dato che per andare alla lezione doveva scendere dopo solo una fermata era probabile che il bigliettaio non lo raggiungesse in tempo. Il ragazzo, che era chiaramente riconoscibile come un ebreo religioso, dava le monete al passeggero che si trovava al suo fianco dicendo a gran voce: “il bigliettaio non è ancora passato, la prego di pagarlo per me”. La lezione è chiara: non si deve solo santificare il nome di D-o attravero le proprie azioni, ma si deve anche fare il possibile per mettersi in condizione di farlo.<br />
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Ogni opportunità era buona per insegnare la Torà. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky, il grande saggio dell'ebraismo americano, si trovava nella sala d'attesa di un medico. Tolse di tasca una palla e si mise a giocare con un ragazzino. Quando gli chiesero se non si trattava forse di un comportamento inappropriato per una persona del suo calibro, egli rispose: “non so se questo ragazzo avrà un'altra opportunità di incontrare un vecchio ebreo con la barba bianca ed è importante che ne abbia un'impressione e un ricordo positivi”. Quando mancò, un gruppo di suore di Monsey scrissero una lettera in cui piangevano la perdita del vecchio rabbino che sorrideva sempre quando le incontrava durante le sue passeggiate.<br />
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Per tredici anni il Klausenberger Rebbe ha girato il mondo per raccogliere fondi necessari a costruire l'ospedale Laniado di Netanya. Quando venne a sapere che nell'ospedale veniva distribuito ai pazienti un opuscolo sulle regole di purezza familiare, diede istruzioni di fermare immediatamente tale distribuzione. Spiegò che l'ospedale non era stato creato per fare proseliti, ma per costituire un esempio del modo in cui si cura secondo la Torà. Il contratto dei medici prevede una clausola che impedisce loro di fare sciopero; l'ospedale è dotato di respiratori in abbondanza per non giungere mai a dover decidere chi riceve e chi non riceve un respiratore; gli studenti di medicina, ispirati dal Rebbe, sono disposti a passare giorno e notte al capezzale di pazienti dati per spacciati; e vengono utilizzate siringhe più costose in quanto meno dolorose. Il Rebbe era famoso per essere rigoroso nella <em>shmirat enaim</em> (il controllo di ciò che guardava). Ma dopo la guerra (nella quale perse moglie e undici figli), quando sentì che nei campi di rifugiati bellici alcune ragazze, distrutte dall'esperienza della guerra, avevano aperto un quartiere a luci rosse, andò di persona a prenderle per riportarle sulla retta via.<br />
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Ogni persona viene trattata con il più gran rispetto ed empatia. Una volta Rav Yaakov Kamenetsky e un altro rosh yeshiva entrarono in un taxi in cui vi era della musica a tutto volume. L'altro rosh yeshiva chiese al tassista di spegnere la radio, ma Rav Yaakov gli disse di non farlo. Spiegò che il lavoro del tassista è così monotono che non avevano il diritto di chiedergli di spegnere la radio. E citò un passo talmudico per corroborare la propria opinione.<br />
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Rav Shlomo Zalman Auerbach, il grande decisore halachico, non si scaraventava dal sedile dell'autobus se una donna non vestita secondo l'halachà si sedeva a fianco a lui. Per non farla restare male premeva il pulsante della fermata e si alzava come se volesse scendere.<br />
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Una famiglia ortodossa si prese carico delle spese per la cura della fertilità per una coppia non religiosa e li mandò in Israele a ricevere la benedizione da alcuni tzaddikim. Tra questi vi era anche Rav Nosson Zvi Finkel, il rosh yeshiva della yeshivat Mir scomparso qualche settimana fa. Quando giunsero a casa sua con un abbigliamento estivo che non si vede di solito a Meah Shearim, la <i>rebbetzin</i> abbracciò la moglie calorosamente e si complimentò con loro dicendo: “siete entrambi ebrei. C'è da essere fieri al giorno d'oggi che due ebrei si sposino tra loro”. La <i>rebbetzin</i> spiegò poi che il marito era un uomo talmente santo che per rispetto era bene coprirsi con uno scialle. E oltre a regalarle lo scialle le regalò anche un gioiello che si coordinava bene con lo scialle.<br />
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Rav Nosson Zvi rimase in silenzio quando la coppia entrò. La persona che li accompagnava incominciò a spiegare la situazione, ma il rosh yehiva lo interruppe. “So chi sono queste persone. Penso al loro dolore.” Si girò verso il marito e chiese “hai mai la sensazione che la gente ti stia osservando?”. Il marito annuì. E il rosh yeshiva aggiunse: “anch'io ho la stessa sensazione quando cerco di esprimermi e la gente non mi comprende [dato che soffro di parkinson].” E il rosh yeshiva e la coppia piansero assieme.<br />
<br />
Quando Yosef si riunì con i fratelli in Egitto, Yosef e Biniamin piansero l'uno sulla spalla dell'altro. Rashi spiega che piansero per la futura distruzione dei Templi. Cosa c'entra la distruzione del Bet Ha-Mikdash con la riunione dei fratelli? Il complicato processo di riunificazione elaborato da Yosef serviva per rettificare la vendita di Yosef da parte dei fratelli. Il test venne superato, ma solo in parte. Infatti Yehuda si riferì a Biniamin con il termine “ragazzo” anzichè “fratello”. C'era ancora qualcosa che mancava nell'unità tra i fratelli. E tale incompletezza era sufficiente per la distruzione del Tempio attribuita proprio all'odio gratuito. E finchè tale odio gratuito non viene rettificato il Bet Ha-Mikdash non verrà ricostruito.<br />
<br />
Lo scorso Shabbat l'ho passato con un gruppo di oltre cento studenti universitarie alle quali veniva presentato per la prima volta l'ebraismo osservante. Le domande si sono protratte fino alle 4 di mattina e hanno incluso temi quali le relazioni, l'omosessualità, le parrucche e, ovviamente, i recenti fatti di Bet Shemesh. Uno Shabbat di questo genere non può certo riparare lo strappo di Bet Shemesh, ma è sicuramente un passo nella giusta direzione.<br />
<br />
Non mi sono mai pentito di aver scelto la via dell'osservanza. Non posso nemmeno immaginare la mia vita senza la Torà. Riguardo ai recenti episodi è irrealistico pensare che un'intera società possa raggiungere i livelli dei leader le cui vite ho studiato con passione negli ultimi vent'anni. Ma dovremmo almeno cercare di emularli nel rendere l'incontro con ogni persona al mondo, in particolare con gli ebrei, un'esperienza positiva. Provo invece un profondo dolore e fastidio verso coloro che, oltremodo insularizzati, hanno perso per strada tale messaggio.<br />
<br />
<em>Liberamente adattato da un articolo di Rav Jonathan Rosenblum.</em></span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-65439928942308383922011-12-18T13:57:00.002+02:002011-12-18T14:02:16.482+02:00GOCCE DI MUSSAR: PROBLEMI<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non raccontare a D-o che hai problemi. <br />
<br />
Racconta ai tuoi problemi che hai D-o.<br />
<br />
<i>Detto yiddish</i><br />
</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-18077061002307929032011-12-10T21:13:00.004+02:002011-12-10T21:24:48.792+02:00Q&A: COME SI FA AD AVERE CIBO CALDO PER IL PRANZO DI SHABBAT?<div align="justify"><span style="font-family: arial;"><strong>DOMANDA.</strong> Come si fa ad avere del cibo caldo per il pranzo di Shabbat?<br />
<br />
<strong>RISPOSTA. </strong>Abbiamo visto nell'articolo precedente (vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/12/q-posso-mettere-il-cibo-sulla-plata-di.html">link</a>) che di Shabbat è proibito mettere a scaldare del cibo freddo sulla plata o fuoco coperto. Si può invece lasciare il cibo sulla plata o sul fuoco coperto già da prima dell'inizio dello Shabbat.<br />
<br />
Ciò va bene per venerdì sera, ma molti cibi si rovinano se rimangono al caldo per 12-16 ore. Come di fa allora ad avere del cibo caldo e gustoso anche Shabbat a pranzo?<br />
<span class="fullpost"><br />
Vi sono varie possibilità. Quanto segue vale però solo per i cibi solidi completamente cotti senza del vero e proprio sugo, ma non per i cibi liquidi.<br />
<br />
<strong>L'opinione facilitante.</strong> Innanzitutto per i sefarditi che seguono Rav O. Yosef shlit'a abbiamo visto che è permesso prendere del cibo solido completamente cotto e metterlo sulla plata. È preferibile che lo faccia un non ebreo. Ma dato che gli altri <em>poskim</em> sefarditi e tutti quelli ashkenaziti non lo permettono è preferibile scaldare il cibo in altri modi.<br />
<br />
<strong>Plata col timer.</strong> Se si collega la plata ad un timer è permesso dire ad un non ebreo di mettervi sopra il cibo solido completamente cotto quando la plata non è attiva. Per esempio il timer la può staccare dopo la cena e ricollegarla la mattina. Il non ebreo può prendere dal frigo il pesce al forno, il pollo arrosto con patate e il riso bollito (purchè non venga arrostito sulla plata) e metterli sulla plata prima che il timer la attivi. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà </em>(1, 32 n. ed.).</span> <br />
<br />
<strong>Chollent.</strong> Inoltre si può mangiare il chamin o chollent (carne, patate, orzo e fagioli) che si lascia cuocere su un'apposita pentola a cottura lenta da subito prima dell'inizio dello Shabbat. <br />
<br />
<strong>Sul coperchio di una pentola.</strong> Altrimenti si può prendere dal frigo il cibo solido completamente cotto e metterlo sul coperchio di una pentola che si trovi sul fuoco o sul coperchio del bollitore elettrico. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> (1, 42 n. ed.).</span><br />
<br />
<strong>Pentola rovesciata.</strong> Nel caso in cui non vi sia già una pentola sul fuoco, è permesso mettere una pentola rovesciata sulla plata e mettervi sopra il cibo. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà</em> (1, 44 n. ed.).</span><br />
<br />
<strong>Nell'acqua calda.</strong> Se i cibi sono lessi (per esempio pollo lesso, spaghetti e riso bolliti) è permesso metterli in una pentola d'acqua calda che sia stata rimossa dal fuoco, ma non direttamente nella pentola che si trova ancora sul fuoco o sulla plata. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà </em>(1, 15 n. ed.).</span><br />
<br />
Negli ultimi tre casi si tratta di azioni che non assomigliano alla cottura.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-35179208201082225852011-12-10T19:07:00.000+02:002011-12-10T19:07:12.619+02:00GOCCE DI MUSSAR: AMICI<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vi sono tre tipi di amici: quelli come il cibo, senza i quali non puoi vivere; quelli come le medicine, dei quali hai bisogno di tanto in tanto; e quelli come le malattie, dei quali faresti volentieri a meno.<br />
<br />
<i>Rav Shlomo ibn Gabirol (Malaga 1021, Valencia 1058)</i><br />
</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-64524447182444717412011-12-03T18:47:00.001+02:002011-12-03T18:56:10.225+02:00GOCCE DI MUSSAR: PREGI E DIFETTI<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Guai a chi non sa quali sono i propri difetti, perchè non sa cosa deve correggere. Ma peggio ancora sta chi non conosce i propri punti di forza, perchè non sa di avere gli strumenti con i quali riparare ciò che dev'essere aggiustato.<br />
<br />
<i>Rav Yerucham Levovitz z.z.l., Yeshivat Mir</i></span></div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-66941115043593051182011-12-02T11:04:00.003+02:002011-12-05T19:49:21.550+02:00Q&A: POSSO METTERE IL CIBO SULLA PLATA DI SHABBAT?<div align="justify"><span style="font-family: arial;"><strong>DOMANDA.</strong> Posso mettere il cibo sulla plata di Shabbat?<br />
<br />
<strong>RISPOSTA. </strong>Di Shabbat è proibito mettere (e rimettere) qualsiasi cibo direttamente sul fuoco. Anche quando non si tratta di cottura vera e propria, tale azione è proibita perchè assomiglia alla cottura. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1; 6, 7 e 10 n. ed.)</span></em> Un normale fornello elettrico è considerato fuoco. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1; 29 n. ed.).</em></span><br />
<br />
Se però il cibo era già sul fuoco da prima dell'inizio dello Shabbat, è permesso toglierlo temporaneamente dal fuoco e rimetterlo a scaldare. Lo si deve però fare in un modo che non solo non costituisca cottura, ma non assomigli nemmeno a cottura. Vi sono delle differenze tra ashkenaziti e sefarditi.<br />
<span class="fullpost"><br />
<b>Ashkenaziti.</b> Per rimettere del cibo a scaldare devono venir rispettate le seguenti condizioni:<br />
<br />
(i) il cibo è completamente cotto;<br />
<br />
(ii) il cibo è ancora caldo;<br />
<br />
(iii) il cibo viene messo sulla plata (fornello elettrico a temperatura costante usato solo per scaldare) o sul fuoco coperto da una lastra di metallo (la copertura deve preferibilmente includere anche i pomelli);<br />
<br />
(iv) si mantiene la presa della pentola con la mano dal momento in cui la si toglie dal fuoco; e<br />
<br />
(v) quando si toglie la pentola dal fuoco si ha intenzione di rimetterla a scaldare.<br />
<br />
Se si lascia momentaneamente la presa o non si aveva intenzione di rimettere la pentola a scaldare è possibile (a posteriori) rimetterla a scaldare. Se entrambe queste condizioni non sono rispettate è permesso rimettere il cibo sulla plata o sul fuoco coperto solo in caso di bisogno (per esempio perchè non c'è altro cibo caldo per Shabbat).<br />
<br />
Se non viene rispettata anche una sola delle prime tre condizioni, ovvero il fuoco non è coperto o il cibo non è completamente cotto o non è caldo, non è permesso in nessun caso rimetterlo sul fuoco. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1; 20, 21 e 22).</em></span><br />
<br />
<b>Sefarditi.</b> Per i sefarditi anche a priori non è necessario avere intenzione di rimettere la pentola a scaldare, ma è necessario anche a posteriori che si sia mantenuta la presa o si sia messa la pentola sul tavolo, ma non sul piano di cottura. Le altre condizioni sono identiche.<span style="font-size: x-small;"><em> Kaf Ha-Chayim (253, 40-41) e Shulcha Aruch O.C. (253, 3).</em></span><br />
<br />
Secondo quanto detto, sia per gli ashkenaziti che per i sefarditi, non è permesso prendere del cibo freddo dal frigo (per esempio il pollo arrosto, il riso bollito e la zuppa) e metterlo sulla plata nemmeno nel caso in cui il cibo sia completamente cotto. Vedremo, <em>bli neder</em>, in un prossimo articolo i modi nei quali è permesso scaldare dei cibi freddi.<br />
<br />
<b>Facilitazione per i sefarditi.</b> Anche se è preferibile seguire la procedura descritta, i sefarditi sappiano che vi è l'opinione facilitante di Rav O. Yosef shlit'a, il quale permette di mettere sulla plata (ma non sul fuoco coperto) del cibo solido completamente cotto anche se freddo. È comunque preferibile farlo fare ad un non ebreo. <span style="font-size: x-small;"><em>Yechave' Da'at (2, 45), Yabia Omer (6, 32) e Liviat Chen (51).</em></span><br />
<br />
Si noti che secondo tutte le opinioni è proibito prendere dal frigo del cibo liquido (per esempio la zuppa o un cibo solido con vero e proprio sugo) e metterlo sulla plata.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-10937324164347584812011-11-26T21:00:00.012+02:002011-11-26T23:20:04.826+02:00UN ANNIVERSARIO... COMPLICATO<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ai tempi del <em>Bet Ha-Mikdash</em> il capomese (<em>rosh chodesh</em>) veniva fissato con l'osservazione diretta del novilunio da parte di testimoni. Se la testimonianza giungeva durante il giorno successivo al 29esimo, esso veniva dichiarato capomese. Dato che all'inizio della giornata non si sapeva ancora se la testimonianza sarebbe giunta o meno, nel dubbio si dichiarava capomese. Se la testimonianza non giungeva, il giorno stesso era il 30esimo del mese e veniva automaticamente dichiarato <em>rosh chodesh</em> anche il giorno successivo.<br />
<span class="fullpost"><br />
Dalla distruzione del <em>Bet Ha-Mikdash</em> seguiamo un calendario fisso. Dato che il ciclo lunare è lievemente superiore a 29 giorni e mezzo, alcuni mesi durano 29 giorni, altri 30 e altri (<em>cheshvan</em> e <em>kislev</em>) durano alcune volte 29 e altre 30 giorni. <br />
<br />
Quando il mese ha 30 giorni, <em>rosh chodesh</em> dura due giorni. Sapendo in anticipo quando cade il primo del mese non sarebbe necessario che anche il 30 del mese precedente fosse <em>rosh chodesh</em>. Si è invece mantenuta tale pratica anche nel calendario fisso come segno di fiducia nella ricostruzione del <em>Bet Ha-Mikdash</em>, possa esso essere ricostruito rapidamente ai nostri giorni.<br />
<br />
Una volta capito come funziona il calendario si comprende anche la seguente domanda: se una persona è mancata il 30esimo giorno di <em>cheshvan</em> o <em>kislev</em>, qual è l'anniversario corretto negli anni in cui il mese ha solo 29 giorni? È il giorno successvio al 29esimo, quindi il primo del mese successivo, o è l'ultimo giorno del mese precedente? Entrambe le valutazioni sembrano aver egual merito.<br />
<br />
Va chiarito a questo punto che è importante sapere qual è l'anniversario corretto per poter recitare il <em>kaddish</em>, digiunare, studiare <em>mishnaiot</em>, accendere il lume commemorativo e compiere gli altri <em>minhaghim </em>relativi all'anniversario.<br />
<br />
<strong>Prima opinione.</strong> Secondo alcuni decisori halachici il dubbio è risolto dal fatto che il 30esimo giorno non è semplicemente l'ultimo giorno del mese, ma ha comunque il nome di <em>rosh chodesh</em> (<em>Aruch Ha-Shulchan</em>). Secondo altri, ciò che conta è il novilunio, il quale cade normalmente il 30esimo giorno successivo al <em>rosh chodesh</em> (<em>Share' Teshuvà</em> 568).<br />
<br />
Secondo entrambi gli approcci il risultato è comunque lo stesso: quando il mese ha 29 giorni l'anniversario cade il primo giorno del mese successivo. Negli anni in cui il mese ha 30 giorni l'anniversario si celebra invece regolarmente il 30esimo giorno. Si noti che non si usa digiunare a <em>rosh chodesh</em> e pertanto si possono solo seguire gli altri <em>minhaghim</em> menzionati sopra.<br />
<br />
<strong>Seconda opinione.</strong> Altri <em>poskim</em> seguono un approccio diverso. L'anniversario viene fissato l'anno successivo a quando è mancata la persona. Se il primo anno dopo la <em>petirà</em> il mese ha 30 giorni, l'anniversario è sempre a <em>rosh chodesh</em>: quando negli anni successivi il mese ha 30 giorni l'anniversario cade il 30esimo giorno e quando ne ha 29, l'anniversario cade il primo del mese successivo.<br />
<br />
Se invece un anno dopo la <em>petirà</em> il mese ha 29 giorni, l'anniversario è il 29esimo giorno. Ciò vale anche per gli anni successivi nei quali il mese ha 30 giorni (<em>Maghen Avraham</em> 568, 7 e <em>Mateh Efraim</em> 3, 7).<br />
<br />
Ma non sarebbe più corretto che negli anni in cui il mese ha 30 giorni l'anniversario cada il 30?<br />
<br />
Le <em>halachot</em> che stiamo discutendo appaiono nella sezione “digiuni” dello Shuchan Aruch e in particolare in quella in cui si parla di <em>nedarim</em> (impegni) a digiunare (capitolo 568). Si comprende quindi l'approccio secondo il quale ciò che si fa il primo anno diventa un <em>minhag</em> che ha forza normativa da lì in poi.<br />
<br />
Rimane da comprendere perchè il primo anno viene scelto come anniversario il 29 e non il primo del mese successivo. La scelta del 29esimo giorno può forse essere spiegata con il fatto che dato che, come abbiamo visto sopra, entrambi i giorni hanno lo stesso merito, visto che a <em>rosh chodesh</em> non si può digiunare si sceglie il giorno in cui lo si può fare.<br />
<br />
La <em>Mishnà Berurà</em> (568, 42) dice che si usa seguire la seconda opinione.<br />
<br />
<em>Le-yilui nishmat avì morì</em> Dario Yitzchak ben Eliahu z.l. mancato il 30 <em>cheshvan</em> 5762 e il cui anniversario cade oggi secondo entrambe le opinioni.<br />
<br />
<em>Shavua tov</em> e <em>chodesh tov</em>.<br />
<br />
Michele Cogoi</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-67879885935978750492011-11-24T14:40:00.003+02:002011-11-24T14:42:08.029+02:00GOCCE DI MUSSAR: 15<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Ogni persona <span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span lang="it-IT">è</span></span></span> unica.</span> <br />
<br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Non cercare di essere come gli altri.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Altrimenti rovini il piano di HaShem (D-o).</span><br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span><br />
<em><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Baal Shem Tov</span></em>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-64942771372985390312011-11-21T21:45:00.005+02:002011-11-22T09:07:23.570+02:00Q&A: COME SI FA IL CAFFÈ DI SHABBAT?<div align="justify"><span style="font-family: arial;"><strong>DOMANDA.</strong> Come si prepara il caffè di Shabbat?<br />
<br />
<strong>RISPOSTA. </strong>La risposta dipende dal tipo di caffè. Ma vediamo innanzitutto alcuni aspetti della <em>melachà</em> di <em>bishul</em> (cuocere).<br />
<br />
<strong>Non c'è bollitura dopo bollitura. </strong>Abbiamo visto in precedenza (vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/11/q-come-si-fa-il-te-di-shabbat.html">link</a>) che è permesso versare dell'acqua calda dal bollitore elettrico in un bicchiere vuoto e versarvici del latte pastorizzato freddo. <span class="fullpost"><br />
<br />
Il latte pastorizzato è un liquido bollito. Quando si versa il latte freddo nel bicchiere d'acqua calda, non si cuoce il latte (è già cotto!), ma lo si scalda solamente. Ciò vale anche per del cibo solubile che sia stato bollito nel processo di produzione.<br />
<br />
<strong>C'è bollitura dopo cottura al forno. </strong>Se invece un cibo cotto al forno viene messo nel bicchiere d'acqua calda, la bollitura cambia il cibo in modo sostanziale. Non lo si sta solo scaldando, ma lo si sta cuocendo. Si trasgredisce quindi la <em>melachà</em> di <em>bishul</em> (cuocere). Ciò vale se l'acqua calda viene versata direttamente dal bollitore.<br />
<br />
Se però l'acqua calda viene trasferita in un secondo bicchiere, il potere di cottura dell'acqua è diminuito al punto che è permesso mettervi del cibo precedentemente cotto al forno. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 68 n. ed.).</em></span></span></span><br />
<span style="font-family: arial;"><span class="fullpost"><span style="font-size: x-small;"></span><br />
<strong>Caffè solubile (nescaffè).</strong> Nel processo di produzione il caffè solubile è soggetto a bollitura. Pertanto esso è considerato come un liquido bollito che si è raffreddato. È quindi permesso versare in una tazza l'acqua calda dal bollitore e mettervi poi il caffè solubile e lo zucchero. È anche permesso versarvici il latte pastorizzato freddo.<br />
<br />
Si verifichi però che il caffè della marca che si usa sia effettivamente stato bollito nel processo di produzione.<em> <span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 61 n. ed.).</span> </em>Nel dubbio è preferibile versare l'acqua calda in un secondo bicchiere prima di versarvici il caffè solubile. <span style="font-size: x-small;"><em>Orchot Shabbat (1, 86)</em></span><br />
<br />
<strong>Caffè tostato (espresso e turco).</strong> La tostatura del caffè è simile alla cottura al forno.<br />
<br />
Per preparare il caffè tostato bisogna versare l'acqua dal bollitore in un bicchiere e trasferirla in un secondo bicchiere. Si può quindi versarvici la polvere di caffè tostato, lo zucchero e il latte freddo. <span style="font-size: x-small;"><em>Iggherot Moshe (4, 74, 15-16).</em></span><br />
<br />
Alcuni poskim non permettono di mettere il caffè tostato in polvere nemmeno in un secondo bicchiere dato che lo considerano alla stregua delle foglie di te. <span style="font-size: x-small;"><em>Nishmat Shabbat (53) e Orchot Shabbat (1, 85).</em></span> Pertanto, se si vuole essere restrittivi, va seguita la procedura necessaria per la preparazione del te. Vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/11/q-come-si-fa-il-te-di-shabbat.html">link</a>.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-91054067302199580292011-11-15T21:39:00.010+02:002011-11-16T14:51:59.025+02:00Q&A: COME SI FA IL TE DI SHABBAT?<div align="justify"><span style="font-family: arial;"><strong>DOMANDA.</strong> Come si prepara il te di Shabbat?<br />
<br />
<strong>RISPOSTA. </strong>Prima di spiegare il modo in cui preparare il te di Shabbat, è bene menzionare alcuni aspetti relativi alla <em>melachà</em> di <em>bishul</em> (cuocere).<br />
<br />
<strong>Alcuni principi.</strong> È permesso bollire dell'acqua prima di Shabbat e mantenerla calda in un apposito bollitore elettrico. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 46 n. ed.)</span></em><span class="fullpost"><br />
<br />
Durante lo Shabbat è invece proibito versare l'acqua calda dal bollitore su dell'acqua fredda dato che scaldandola si trasgredisce la <em>melachà</em> di <em>bishul</em> (cuocere). Pertanto non è permesso versare dell'acqua calda in un bicchiere d'acqua fredda. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 52 n. ed.) </span></em><br />
<br />
Se però si versa l'acqua calda in un bicchiere vuoto, il potere di cottura dell'acqua calda diminuisce dato che le pareti fredde del bicchiere disperdono il calore. Pertanto se si versa l'acqua calda in un bicchiere o in un tazza vuote, è permesso versarvici dell'acqua fredda senza trasgredire la <em>melachà</em> di <em>bishul</em>. Il discorso vale, a maggior ragione se prima di versare l'acqua fredda si trasferisce l'acqua calda in un secondo bicchiere. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 59 n. ed.)</span></em><br />
<br />
Questo discorso non vale però per le foglie di te. Anche se l'acqua calda viene versata in un bicchiere e trasferita in un secondo o ulteriore bicchiere, fintanto che l'acqua è ancora calda le foglie di te sono soggette a cottura. È quindi proibito mettere delle foglie di te in un bicchiere d'acqua calda. <span style="font-size: x-small;"><em>Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 59 e 63 n. ed.)</em></span><br />
<br />
<strong>La preparazione del te di Shabbat.</strong> Il miglior modo per preparare il te è di far bollire il sacchetto di te prima di Shabbat in una pentola che contenga poca acqua. È preferibile togliere il sacchetto di te dalla pentola prima di Shabbat per non trasgredire la <em>melachà</em> di <em>borèr</em> (selezionare). Si è così ottenuto un concentrato di te.<br />
<br />
Durante lo Shabbat si può versare l'acqua calda dal bollitore elettrico in un bicchiere asciutto e poi versarvici il concentrato di te freddo (ma non viceversa). Se il concentrato è caldo (per esempio perchè la pentola è stata lasciata sulla plata) è preferibile versarvici sopra l'acqua calda dal boiler. <em><span style="font-size: x-small;">Orchot Shabbat (1, 74).</em></span><br />
<br />
Una volta preparato il te nel bicchiere si può aggiungere lo zucchero e il latte pastorizzato. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (1, 61 n. ed.)</em></span><br />
<br />
Se si vuole mettere la fetta di limone, le foglie di menta e il miele è preferibile che il te venga versato in un secondo bicchiere. <span style="font-size: x-small;"><em>Orchot Shabbat (1, 44 e 48) </em></span><br />
<br />
Bisogna fare però attenzione a non spremere la fetta di limone quando si mescola il te per non trasgredire la melachà di <em>sechità</em> (spremere). <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (5, 2).</span></em><br />
<br />
Alcuni <em>poskim</em> permettono anche di spremere il limone in un cucchiaino di zucchero, purchè la maggior parte del succo venga assorbita, e di mettere poi zucchero e limone nel bicchiere di te. <em><span style="font-size: x-small;">Shemirat Shabbat Ke-Ilchatà (5, 2).</span></em> Secondo Rav O. Yosef shlit'a è preferibile spremere il limone direttamente nel bicchiere di te. <em><span style="font-size: x-small;">Liviat Chen (57)</em></span>. Per ulteriori dettagli sulla spremitura del limone si veda <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/02/q-posso-spremere-il-limone-shabbat.html">link</a>.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-25351754670306602812011-11-02T21:26:00.011+02:002011-11-07T09:03:03.665+02:00Q&A: POSSO APRIRE UNA BOTTIGLIA DI SHABBAT?<div align="justify"><span style="font-family: arial;"><strong>DOMANDA.</strong> Posso aprire una bottiglia di Shabbat?<br />
<br />
<strong>RISPOSTA. </strong>La risposta dipende dal tipo di tappo con il quale la bottiglia è chiusa. In ogni caso il problema si pone solo se si apre una bottiglia per la prima volta. Non c'è invece nessun problema a riaprire una bottiglia aperta precedentemente.<span class="fullpost"><br />
<br />
<strong>Tappi a corona e di sughero</strong>. Di Shabbat è permesso aprire per la prima volta una bottiglia con tappo a corona, come ad esempio la bottiglia di birra o di acqua minerale. È anche permesso sturare una nuova bottiglia di vino (con tappo di sughero). In entrambi i casi si può utilizzare l'apribottiglie, cavatappi ecc. Si deve però fare attenzione a non cancellare le lettere scritte sul tappo per non trasgredire la <em>melakhà</em> di cancellare (<em>hamochek</em>).<em> <span style="font-size: x-small;">Sh'mirat Shabbat Ke-Ilkhatà</span></em><span style="font-size: x-small;"> (9, 21 n. ed.).</span> <br />
<br />
<strong>Tappi metallici.</strong> È proibito aprire per la prima volta una bottiglia con tappo metallico avvitabile, dato che svitandolo, il tappo si stacca dall'anello metallico che lo tiene bloccato al collo della bottiglia.<br />
<br />
Con l'apertura il tappo diventa un tappo riutilizzabile (per la chiusura), mentre fintanto che la bottiglia era chiusa era solo un tappo non riutilizzabile. Non fa differenza se si butta immediatamente il tappo.<br />
<br />
La trasformazione da tappo non riutilizzabile a tappo riutilizzabile equivale alla creazione di un nuovo oggetto (<em>notzer kelì</em>) che è parte della <em>melakhà</em> di <em>bonè</em> (costruire) o <em>maka be-patish</em> (il colpo finale di martello).<br />
<br />
Bisogna quindi aprire prima di Shabbat le bottiglie con tappo metallico che si vogliono utilizzare di Shabbat.<br />
<br />
Se la bottiglia non è stata aperta prima di Shabbat è comunque possibile aprirla, purchè prima di aprirla si perfori il tappo (per esempio con un coltello) in modo che al momento dell'apertura non si crea nessun nuovo oggetto.<br />
<br />
Si faccia attenzione a non tagliare le lettere scritte sul tappo.<br />
<br />
<strong>Tappi di plastica.</strong> Vi sono alcuni <em>posqim</em> che permettono di aprire il tappo di plastica (come ad esempio quello della bottiglia di plastica della coca-cola) anche se la prima apertura stacca il tappo dall'anello di plastica che lo tiene bloccato al collo della bottiglia. È infatti teoricamente possibile togliere e rimettere il tappo sulla bottiglia senza staccare l'anello (per esempio con una tenaglia) e pertanto il tappo era già di per sè riutilizzabile per chiudere la bottiglia prima dell'apertura. Staccandolo dall'anello non si aggiunge nessuna nuova funzione al tappo. <span style="font-size: x-small;"><em>Sh'mirat Shabbat Ke-Ilkhatà</em> (9, 18 n. ed.).</span><br />
<br />
<strong>Sefarditi.</strong> Per Rav Ovadià Yosef <em>shlit'a</em> non c'è differenza tra i tappi di metallo e di plastica. In entrambi i casi è bene aprirli prima e non di Shabbat. Ma se non lo si è fatto è permesso aprire tappi di metallo e di plastica di Shabbat senza bisogno di perforarli.<br />
<br />
Inoltre non è un problema se con l'apertura si cancellano le lettere sul tappo. <span style="font-size: x-small;"><em>Yalkut Yosef</em> (4/2 – 517).</span></span> </span></div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-71514457409487239012011-10-26T10:24:00.007+02:002011-10-26T13:54:43.112+02:00CASHER, GLATT, CHALAQ O MEHADRIN?<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Mi sembra sia opportuno fare chiarezza sulle varie denominazioni di casherut della carne. In particolare cosa significhino e da dove vengano i termini casher, glatt kosher, chalaq Bet Yosef e mehadrin.<br />
<span class="fullpost"><br />
<strong>La definizione di carne casher per i sefarditi</strong><br />
<br />
I sefarditi seguono l'opinione del Bet Yosef, autore dello Shulchan Aruch.<br />
<br />
Secondo lo Shulchan Aruch (Yorè Deà, capitolo 39) esiste solo un livello di casherut per la carne. Senza entrare nei dettagli esso richiede che l'animale venga controllato per appurare che non abbia tutta una serie di lesioni o imperfezioni delle membra, incluso il fatto che il polmone sia liscio (“chalaq”). Se così è, la carne macellata nel modo prescritto è casher. Se vi sono imperfezioni o lesioni la carne non è casher. È questa l'halakhà per i sefarditi. Si noti che il polmone non liscio è un'imperfezione frequente, ma è solo una delle tante possibili imperfezioni. <br />
<br />
In alcune comunità sefardite, per esempio nel nord Africa, vi era l'uso permissivo di consumare carne senza che il polmone fosse liscio. La maggior parte dei posqim sefarditi sono però contrari. Si veda in proposito i responsi di Rav Ovadià Yosef (Yechavè Da'at 3, 56) e del Kaf Ha-Chaim (39, 221-222). <br />
<br />
<strong>Le definizione della carne casher per gli ashkenaziti e il concetto di glatt kosher</strong><br />
<br />
Gli ashkenaziti seguono invece l'opinione di Rav Moshè Isserless, noto con l'acronimo Remà, autore delle glosse allo Shulchan Aruch in cui specifica le differenze rispetto all'opinione di Rav Yosef Caro valide per gli ashkenaziti.<br />
<br />
Per far fronte alla necessità di mangiare carne con un certo standard di casherut in un periodo di forti pressioni economiche che caratterizzavano l'Europa del sedicesimo secolo, vennero accettate una serie di facilitazioni rispetto a quanto richiesto dallo Shulchan Aruch.<br />
<br />
Anche se vi sono alcune lievi, specifiche e numerate lesioni o imperfezioni per cui il polmone non è completamente liscio, per gli ashkenaziti tale carne rientra lo stesso nella definizione di polmone liscio (in yiddish liscio si dice “glatt”). Si tratta quindi di una definizione lievemente più permissiva rispetto ai sefarditi. Essa prende il nome di glatt kosher.<br />
<br />
Inoltre per avere uno standard minimo di casherut in tali difficili condizioni economiche, l'uso accettato dagli ashkenaziti è che se le lesioni possono venire tolte senza forare il polmone, anche se la carne non è glatt, la carne è comunque kosher.<br />
<br />
Va notato che per quanto sia un minhag accettato, si tratta pur sempre di una facilitazione rispetto al livello ottimale di carne glatt kosher. Per questo motivo, secondo molti decisori halachici ashkenaziti successivi (per esempio il Chatam Sofer, vedi responso a Y.D. 39) una persona scrupolosa nell'osservanza delle mitzvot dovrebbe mangiare solo carne glatt kosher. Si noti che chi ha accettato la restrizione di mangiare carne glatt kosher non può mangiare carne semplicemente kosher.<br />
<br />
Da qui deriva la distinzione, nel mondo ashkenazita, tra:<br />
<br />
- carne casher o kosher (secondo la pronuncia ashkenazita), ovvero il livello minimo di casherut, e<br />
<br />
- glatt kosher, ovvero un livello superiore e ottimale di casherut, consumata dagli “scrupolosi”.<br />
<br />
<strong>Da dove viene il termine chalaq Bet Yosef?</strong><br />
<br />
La distinzione tra un livello normale e un livello superiore di casherut non esiste invece nel mondo sefardita. Il livello è unico e non è prevista la facilitazione del Remà di consumare carne senza che il polmone sia liscio.<br />
<br />
Spiega Rav Ovadià Yosef shlit'a che fino a 150 anni fa a Yerushalaim non vi erano praticamente ashkenaziti, ma solo sefarditi e la carne veniva venduta semplicemente come carne casher anche se era necessario che il polmone fosse liscio come prescrive lo Shulchan Aruch.<br />
<br />
Con l'avvento degli ashkenaziti, i quali come abbiamo visto sono più permissivi nella shechità e nel controllo degli animali rispetto ai sefarditi, si creò di fatto una situazione poco chiara in cui veniva venduta carne con la denominazione casher, che pur essendo kosher per gli ashkenaziti, non era considerata casher per i sefarditi.<br />
<br />
Per rimediare a questa anomalia, Rav Shaul Elyashar zl, il rabbino capo sefardita dell'allora Palestina, decise che i macellai indicassero due livelli di casherut:<br />
<br />
- carne con il timbro kosher, permessa solo per gli ashkenaziti, ma non considerata casher per i sefarditi, e<br />
<br />
- carne con il timbro chalaq Bet Yosef che era invece permessa per i sefarditi (e a maggior ragione per gli ashkenaziti). Tale timbro venne denominato chalaq Bet Yosef, dato che Bet Yosef è il nome con il quale è noto l'autore dello Shulchan Aruch che richiede come standard normale di casherut che il polmone sia liscio (“chalaq”). Vedi anche il responso di Rav S. Elyashar (Simcha La-Ish, Orach Chaim, 13).<br />
<br />
<strong>Ogni timbro casher è veramente casher?</strong><br />
<strong></strong><br />
Oltre al polmone liscio vi sono altri aspetti relativi alla shechità e al controllo degli animali per i quali il Bet Yosef è più permissivo rispetto al Remà. Nella pratica ciò vuol dire che, al di là di quanto detto finora, carne che sia considerata casher secondo il Bet Yosef può essere considerata non kosher dal Remà. E viceversa carne kosher per il Remà può essere considerata non casher dal Bet Yosef.<br />
<br />
In alcuni macelli viene certificata come casher / kosher della carne che sia considerata tale anche solo dal Bet Yosef o dal Remà. Dato che non si può scegliere una facilitazione di un decisore halachico e allo stesso tempo quella di un altro, vuol dire che se un sefardita e un ashkenazita mangiano la carne con lo stesso timbro molto probabilmente uno dei due sta mangiando carne non casher. Tale carne è quindi di dubbia casherut. Immagino che ciò venga fatto per questioni economiche e con la politica (discutibile) che è preferibile che si mangi carne di dubbia casherut piuttosto che carne non casher. <br />
<br />
<strong>Cosa vuol dire mehadrin? </strong><br />
<br />
Le certificazioni glatt kosher e chalaq Bet Yosef sono note, in Eretz Israel, ma anche all'estero, con il termine di “mehadrin” in contrapposizione alle certificazioni semplicemente casher che come abbiamo visto non sono necessariamente accettabili da tutti. Anche se il concetto talmudico di “mehadrin” ha una connotazione diversa, è invalso l'uso di applicarlo alla casherut. Rispetto ai termini glatt e chalaq, tale termine ha il pregio di indicare un livello superiore di casherut non solo per quanto riguarda il polmone, ma anche il controllo delle altre parti dell'animale o il tipo di schechità.<br />
<br />
Il termine “mehadrin” viene utilizzato per certificare anche altri prodotti quali polli, latte e formaggi i quali hanno un livello di casherut superiore (per esempio chalav israel). Alcune certificazioni “mehadrin” includono sia le restrizioni valide per gli ashkenaziti che quelle valide per i sefarditi, in modo che esse possano essere consumate da tutti gli ebrei indipendentemente dalla loro origine o livello di osservanza. <br />
<br />
In alcuni casi viene usato anche il termine glatt o chalaq per indicare un livello di casherut superiore di tali prodotti. Si tratta senz'altro di un uso improprio del termine, ma così è l'uso.<br />
<br />
<strong>Cosa succede all'estero?</strong><br />
<br />
La Orthodox Union, la principale autorità di casherut americana (ashkenazita), mette il proprio timbro OU (senza specifiche) solo su carne glatt kosher anche se non necessariamente chalaq Bet Yosef. Lo stesso vale per alcune altre agenzie americane. Nel mondo ashkenazita il livello di glatt kosher sembra quindi alquanto diffuso ed accettato.<br />
<br />
A Londra due bate' din ashkenaziti e quello sefardita hanno unito le proprie forze nella London Board of Sh'chita (fondata 200 anni fa) la quale produce carne con tre diverse certificazioni: kosher, glatt kosher e chalaq Bet Yosef.<br />
<br />
In Eretz Israel il rabbinato centrale produce una certificazione standard (casher / kosher) e una “mehadrin”. Vi sono inoltre un numero elevato di certificazioni con diversi standard di casherut. Ce n'è per tutti i gusti anche se alle volte può essere difficile districarsi.<br />
<br />
Dato che viviamo in un mondo integrato, molti produttori locali si adeguano agli standard e nominativi prevalenti. È compito del rabbino locale indicare quali certificazioni siano accettabili dai diversi membri della comunità.<br />
<br />
<strong>E in Italia?</strong><br />
<br />
Stimati rabbini italiani mi hanno spiegato che gli ebrei di rito italiano, che non sono nè sefarditi nè ashkenaziti, seguono l'opinione del Bet Yosef salvo i rari casi in cui vi siano autentici minhaghim diversi. In mancanza di un minhag italiano facilitante, gli ebrei di rito italiano dovrebbero quindi comportarsi come i sefaraditi e consumare solo carne chalaq Bet Yosef.<br />
<br />
Ho sentito dire in un recente intervento a nome di Rav Toaff che a Roma prima della guerra si vendeva solo carne chalaq Bet Yosef e che veniva venduta con il nome semplice di carne casher. Evidentemente il problema di Yerushalaim di 150 anni fa non si poneva. Oggi, per la presenza di prodotti di carne d'importazione, forse sì.<br />
<br />
Non so come sia gestita la casherut in Italia e con questo articolo non intendo assolutamente intromettermi. Ritengo però sia utile sapere cosa succede all'estero e cosa significhino le diverse certificazioni di casherut che giungono sulla tavola degli ebrei italiani. <br />
<br />
<strong>Conclusioni</strong> <br />
<br />
Da 150 anni la classificazione della carne casher include i seguenti termini:<br />
<br />
- il termine casher (o kosher) che è permesso solo per gli ashkenaziti purchè si verifichi con un rabbino competente che si tratti effettivamente di carne kosher e non di dubbia casherut;<br />
<br />
- il termine glatt kosher (spesso chiamato semplicemente “mehadrin”) che indica il livello preferito di casherut per gli ashkenaziti ed è richiesto come standard dagli ashkenaziti “scrupolosi”; e<br />
<br />
- il termine chalaq Bet Yosef (anche questo viene spesso chiamato “mehadrin”) che è il livello base di casherut richiesto per i sefarditi e, salvo vi siano minhaghim diversi è richiesto anche per gli ebrei di rito italiano.<br />
<br />
Se l'analisi fin qui fatta è corretta, se si mettono insieme ebrei ashkenaziti “scrupolosi”, ebrei sefarditi e ebrei di rito italiano, ne risulta che per la stragrande maggioranza degli ebrei che vivono in Italia sarebbe corretto mangiare carne glatt / chalaq. Nel caso in cui i costi siano rilevanti, è compito di un poseq stabilire se in Italia è possibile essere flessibili e in che misura.<br />
<br />
Michele Cogoi<br />
mikeamchaisrael.blogspot.com</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-40380797713126683602011-10-19T01:28:00.005+02:002011-10-22T22:43:33.688+02:00ERUV TAVSHILIN E MASHIACH<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">I nostri Maestri z.l. ci insegnano che il periodo della storia in cui viviamo è quello in cui il travaglio per l'arrivo del Mashiach si fa sentire.<br />
<br />
La rilevanza per le nostre vite è che l'opportunità di servire Ha-Kadosh Baruch-Hu liberamente, che è il motivo per il quale siamo stati creati, esiste solo prima dell'arrivo di Mashiach.<br />
<br />
Una volta giunto, non sarà più possibile scegliere liberamente di servire Ha-Kadosh Baruch-Hu dato che la verità sarà rivelata a tutto il mondo. (Shabbat 151b).<br />
<span class="fullpost"><br />
Se da un lato attendiamo tutti con fervore l'arrivo di Mashiach, dall'altro vogliamo avere tempo a sufficienza per poter crescere spiritualmente raggiungendo il massimo del nostro potenziale prima del suo arrivo: una volta giunto, non sarà infatti più possibile farlo.<br />
<br />
Le due esigenze sembrano in contraddizione.<br />
<br />
In verità, il periodo in cui verrà Mashiach è comparato a Yom Tov. Il periodo successivo in cui il mondo raggiungerà la perfezione assoluta è comparato a Shabbat.<br />
<br />
Sappiamo però che se si è fatto l'<i>eruv tavshilin</i> (vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/10/l-eruv-tavshilin-e-la-procedura-che-si.html">link</a>) prima di Yom Tov è permesso effettuare i preparativi per lo Shabbat anche duante Yom Tov. <br />
<br />
Allo stesso modo se si è cominciato il proprio processo di <i>teshuvà </i>(ritorno, pentimento, crescita spirituale) prima dell'arrivo di Mashiach, sarà ancora possibile finalizzare tale processo anche dopo il suo arrivo (Maharal, Netzach Israel 46).<br />
<br />
Possa il merito della mitzvà dell'<i>eruv tavshilin</i> far giungere la redenzione rapidamente ai nostri giorni.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-15367758348594518482011-10-19T00:49:00.007+02:002011-10-22T22:44:35.535+02:00L'ERUV TAVSHILIN<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">L'<em>eruv tavshilin</em> è la procedura che si compie per poter cucinare a Yom Tov il cibo necessario per lo Shabbat. Essa non va confusa con l'<em>eruv chazerot</em> che serve invece per trasportare di Shabbat.<br />
<br />
Quest'anno l'<em>eruv tavshilin</em> è particolarmente rilevante dato che Rosh Ha-Shanà cade giovedì e venerdì e per chi vive fuori da Eretz Israel anche i primi due giorni di Sukkot e Sheminì Atzeret / Simchà Torà cadono a ridosso dello Shabbat .<br />
<br />
Ma perchè c'è bisogno dell'<em>eruv tavshilin</em>?<br />
<span class="fullpost"><br />
Innanzitutto va compreso che è permesso cucinare di Yom Tov se è necessario per la celebrazione della festa (vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2009/10/22-yom-tov.html">yom-tov-1</a> e <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2009/10/22-yom-tov-seconda-parte.html">yom-tov-2</a>). Inoltre la Torà permette di cucinare di Yom Tov cibo in quantità superiori a quelle strettamente necessarie dato che è possibile che durante Yom Tov vengano degli ospiti per i quali si vuole che ci sia del cibo pronto da offrire. Se poi gli ospiti non vengono il cibo può essere consumato di Shabbat. Ne deriva che secondo quanto prescritto dalla Torà è possibile cucinare il venerdì (quando è Yom Tov) per lo Shabbat. (Mishnà Berurà 527, 3). (Vedi link <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2009/10/22-yom-tov-terza-parte.html">yom-tov-3</a> e <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2009/10/22-yom-tov-quarta-parte.html">yom-tov-4</a>).<br />
<br />
I Maestri z.l. si sono però resi conto che quando Yom Tov precede lo Shabbat è inevitabile che ci si focalizzi sui preparativi di Yom Tov a scapito di quelli dello Shabbat e si giunga quindi a trascurare lo Shabbat. Pertanto, per difendere l'onore dello Shabbat i Maestri z.l. hanno ritenuto opportuno richiedere che si lascino da parte alcune pietanze già a partire dal giorno prima di Yom Tov, per essere poi consumate durante lo Shabbat. In questo modo si è perlomeno iniziata la preparazione dei cibi di Shabbat già da prima di Yom Tov. È questa una ragione per l'istituzione dell'<em>eruv tavshilin</em>.<br />
<br />
Allo stesso tempo i Maestri z.l. hanno anche voluto proteggere la <em>kedushà</em> di Yom Tov. Se si permettesse di cucinare liberamente di Yom Tov per lo Shabbat, si giungerebbe a considerare permesso cucinare di Yom Tov per il giorno successivo anche quando è un giorno feriale (che è proibito) e si infrangerebbe così la <em>kedushà</em> di Yom Tov. Se invece si permette di cucinare per lo Shabbat solo se si è fatto l'<em>eruv tavshilin</em>, ci si rende conto che è un'eccezione. E quando il giorno successivo a Yom Tov è feriale, ci si ricorda che non è permesso cucinare.<br />
<br />
Per queste due ragioni, ovvero per proteggere l'onore dello Shabbat e la <em>kedushà</em> di Yom Tov, i nostri Maestri z.l. hanno permesso di cucinare di Yom Tov per lo Shabbat solo se si è fatto l'<em>eruv tavshilin</em>. (Beitzà 15b, Shulchan Aruch 527, 1).<br />
<br />
Come funziona?<br />
<br />
L'idea dell'<em>eruv tavshilin</em> è che “tutti gli inizi sono difficili”, ma che una volta iniziato un processo è facile concluderlo. Pertanto, una volta che si sia iniziato a cucinare per lo Shabbat prima di Yom Tov, le attività che si compiono a Yom Tov sono considerate solo degli atti conclusivi della cottura che è avvenuta prima di Tom Tov. (Rashi, Beitzà 15b).<br />
<br />
Va comunque notato che l'aver fatto l'<em>eruv tavshilin</em> consente solo di cucinare il venerdì per lo Shabbat. Se il primo giorno di Yom Tov cade di giovedì non solo è proibito cucinare per lo Shabbat, ma è anche proibito cucinare (o fare qualsiasi altro preparativo) per il secondo giorno di Yom Tov. Ciò vale anche se i due giorni di Yom Tov non cadono a ridosso dello Shabbat. (Shulchan Aruch 527, 13).<br />
<br />
Come si fa l'eruv tavshilin?<br />
<br />
C'è bisogno di preparare due cibi prima dell'inizio di Yom Tov. Pane o matzà che abbiano almeno la dimensione di un uovo (<em>ke-beitzà</em>) e un cibo cotto (<em>mevushal</em>, da cui la parola <em>tavshilin</em>) che si consuma con il pane, come carne, pesce o uova che abbia almeno la dimensione di un oliva (<em>ke-zait</em>). È preferibile che carne, pesce e uova siano cotti specificamente per l'<em>eruv tavshilin</em>. (Biur Halachà 527, 6). Una volta si usava l'uovo dato che si manteneva fino a Shabbat anche senza il frigorifero, oggi è preferibile preparare una vera e propria pietanza e metterla nel frigorifero (Shulchan Aruch 527, 2-6 e 13).<br />
<br />
Si prendono entrambi i cibi nella mano destra e si recita la<em> berachà</em> “<em>al mitzvat eruv</em>” e si legge il testo in aramaico (o se non si capisce l'aramico in una lingua che si comprende) in cui si dichiara che “con questo <em>eruv</em> (mistura) ci è permesso cuocere al forno, bollire, isolare, accendere i lumi, effettuare i preparativi e tutto ciò di cui abbiamo bisogno di fare a Yom Tov per lo Shabbat”. L'uso è che il capofamiglia lo faccia per tutti i membri della propria famiglia (moglie, figli, ma anche figli sposati e ospiti che rimagano per Yom Tov).<br />
<br />
È bene che si cucini per lo Shabbat presto, in modo che sia possibile che giungano degli ospiti a Yom Tov prima dell'inizio dello Shabbat.<br />
<br />
Il cibo deve durare fino a Shabbat. Se viene mangiato prima di aver cucinato per lo Shabbat, non è più valido. Dato che si è compiuta una mitzvà sull'<em>eruv tavshilin</em> è bene usarlo per compiere un'altra mitzvà. Si usa quindi utilizzare pane e matzà come <em>lechem mishnè</em> (come secondo pane dei due sui quali si dice la <em>berachà</em> all'inizio dei tre pasti di Shabbat) e consumarlo durante il terzo pasto (<em>seudà shelishit)</em>. (Mishnà Berurà 527, 48). L'altro cibo va consumato durante uno dei pasti dello Shabbat. (Shulchan Aruch 527, 15-17).<br />
<br />
Per un pensiero sul rapporto tra <i>eruv tavshilin</i> e Mashiach vedi <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2011/10/eruv-tavshilin-e-mashiach.html">qui</a>.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-47898112238268059582011-10-07T11:27:00.001+02:002011-10-07T11:29:50.287+02:00COSTRUIAMOCI UNA SUKKÀ!<span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ma perchè non ci facciamo la succà? Non è poi così difficile costruirsela da soli. Ecco le principali regole. <br />
<br />
<strong>Luogo:</strong> la sukkà va costruita in un luogo a cielo aperto che sia pulito e senza cattivi odori. Possibilmente nel giardino, sul tetto o terrazzo di casa. Bisogna verificare bene che non ci sia nulla che copra la sukkà. Se è costruita sotto una tettoia o un albero non è valida.<span class="fullpost"><br />
<br />
<strong>Pareti:</strong> devono essere intere e sufficientemente solide da non poter essere mosse da un vento normale. Non c'è bisogno di costruire nuove pareti, ma si possono usare pareti preesistenti, per esempio quelle esterne della casa. Ne bastano tre, meglio quattro. Bisogna mettere prima le pareti e poi la copertura. Se si fa viceversa (per esempio se si usa una struttura sulla quale si mette prima la copertura e poi le pareti) non vale.<br />
<br />
<strong>Copertura (<em>schach</em>):</strong> la sukkà va coperta con rami d'albero o arbusti. A parte quelli casher preconfezionati, l'ideale è usare rami di palme, canne o rami di sempreverdi perchè non appassiscono e le foglie non cadono in una settimana. Non si possono usare rami che siano ancora attaccati all'albero. Non possono esser usati stuoini di bambù che siano stati fatti per altri usi (per esempio stuoini da mare).<br />
<br />
La sukkà deve essere ben coperta, ovvero ci dev'essere più ombra che sole (a mezzogiorno in una giornata di sole). Se c'è più sole che ombra non è valida. È bene che si possano vedere le stelle, ovvero che ci sia qualche fessura. Ma se non si vedono è valida lo stesso. Quindi non si sbaglia ad abbondare in copertura. La copertura deve essere uniforme (ovvero senza grossi buchi). Basta che non sia così fitta da non far passare nemmeno l'acqua di un'acquazzone, nel qual caso è considerata una casa e non una sukkà. Lo <em>schach</em> deve essere messo (di anno in anno) da ebrei che hanno l'obbligo di sedersi nella sukkà. Le altre parti no.<br />
<br />
<strong>Tetto mobile:</strong> se è possibile è consigliabile avere un telo di plastica con il quale coprire lo <em>schach</em> nel caso in cui piova, così quando finisce la pioggia si toglie il telo e la sukkà è asciutta. Bisogna però ricordarsi di togliere il telo perchè fintanto che lo <em>schach</em> è coperto la sukkà non è valida.<br />
<br />
<strong>Decorazioni:</strong> è bene abbellire la sukkà con oggetti, decorazioni e tessuti pregiati (secondo le proprie possibilità). Non appenderei frutta allo <em>schach</em> per non creare problemi di halachà. Si possono mettere quante decorazioni si vogliono sulle pareti.<br />
<br />
<strong>Altro:</strong> è utile avere una prolunga alla quale collegare luci (con protezione per l'acqua) e termosifoni elettrici (rispettando le regole di Shabbat e Yom Tov). È bene avere tavoli e sedie pieghevoli per famiglia e ospiti.<br />
<br />
<strong>Domande:</strong> nel caso in cui la sukkà sia parzialmente coperta, vi siano delle grosse aperture nello <em>schach</em> o nelle pareti, o la sukkà sia estremamente piccola, bisogna verificare col proprio rabbino di fiducia se la sukkà è casher.<br />
<br />
<strong>Perchè?</strong> Per capire perchè la sukkà è molto di più di una semplice capanna si veda <a href="http://mikeamchaisrael.blogspot.com/2007/10/sukkot-molto-piu-di-semplici-capanne.html">questo articolo</a>.</span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1695685833637077114.post-63081969666369194272011-10-04T21:05:00.006+02:002011-10-05T19:34:29.414+02:00I LUMI DI YOM KIPPUR<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><em>Le candele che accendiamo la sera di Yom Kippur equivalgono a quelle dello Shabbat? È obbligatorio che rimangano accese fino alla fine di Yom Kippur? Si tratta di una mitzvà o di un minhag? E come si fa l'havdalà? E quest'anno che Yom Kippur cade di Shabbat cosa cambia?</em><span class="fullpost"><br />
<br />
A differenza del venerdì sera e di Yom Tov, non vi è una vera e propria <em>mitzvà</em> di accendere i lumi la sera di Yom Kippur. Il motivo è che non c'è un pasto festivo serale da illuminare. È comunque uso corretto accendere i lumi e recitare la relativa benedizione, dato che i lumi servono comunque per la pace familiare (<em>shalom bait</em>) e servono anche per ricordarci che alcune attività che di solito si compiono al buio sono proibite di Yom Kippur. <br />
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Quando Yom Kippur cade di Shabbat, come quest'anno, il problema non si pone. Vi è infatti la mitzvà di accendere i lumi e nella berachà si menziona sia Shabbat che Yom Ha-Kippurim (vedi <em>siddur / machzor</em>).</span></span><br />
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Vi è poi un <em>minhag </em>secondo il quale ogni uomo sposato accende un lume che rimane acceso tutto il giorno come augurio di lunga vitga, salute e vitalità (come la fiamma). Nei tempi andati venivano accesi o portati al <em>bet ha-kenesset</em>. Oggi si usa accenderli a casa, senza benedizione. Secondo me non c'è bisogno di spaventarsi se dovesse venir accidentalmente spenta o terminasse più rapidamente del dovuto. Ma non tutti sono d'accordo.<br />
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Vi è un ulteriore <em>minhag</em> di accendere un lume in memoria di un genitore scomparso (e anche per altri familiari). Come il precedente, si usa che rimanga acceso per 25 ore. Una candela basta per più parenti.<br />
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Il motivo per cui si fa l'<em>havdalà</em> alla fine di Yom Kippur non è identico a quello per cui la si fa alla fine dello Shabbat. Senza entrare nei dettagli, la <em>berachà</em> sul fuoco (<em>esh</em>) dopo Yom Kippur, deve essere recitata su un <em>ner she-shavat</em>, ovvero un lume che era acceso durante Yom Kippur fino a notte o una candela accesa da tale lume. È preferibile designare una candela per questo proposito e possibilmente unirne un'altra in un'unica fiamma in modo che ci sia più di uno stoppino.<br />
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L'uso comunemente accettato è di accendere la candela intrecciata dell'<em>havdalà</em> da qualsiasi fiamma che sia rimasta accesa da prima dell'inizio di Yom Kippur e di recitare la <em>berachà</em> come si fa di solito. Si può spegnere la candela dell'<em>havdalà</em> e lasciar ardere i lumi accesi prima di Yom Kippur fino a che termini olio o cera. Questa è la procedura consigliabile anche quest'anno in cui Yom Kippur cade di Shabbat.<br />
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Gmar chatimà tovà<br />
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<em>Rav Rashi Simon</em><br />
<em>Fondatore della Kehillà di Kesher, Londra</em></span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com2